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Traumi di bacino ad alta energia: valutazione dei protocolli e qualità dei risultati

Dai rilevamenti ISTAT emerge che gli incidenti stradali e sul lavoro sono aumentati negli ultimi dieci anni di ben il 40%. Il progresso compiuto dall'industria dell'auto in termini di sicurezza e protezioni passive (cinture di sicurezza, airbags, barre antintrusione ed altri accorgimenti) e le normative di prevenzione imposte nell'ambito lavorativo hanno ridotto sensibilmente la mortalità, ma il numero dei feriti è cresciuto notevolmente, così come la gravità delle lesioni riportate.
I traumi ad alta energia (da schiacciamento, arrotamento e caduta dall'alto) coinvolgono sempre più frequentemente il bacino, il quale in passato è stato quasi esclusivamente curato con trattamenti conservativi. Tali lesioni, però, se non sono adeguatamente trattate dal punto di vista chirurgico, possono provocare gravi e permanenti invalidità: a tal proposito, diversi studi internazionali hanno indicato come un elevato tasso di disoccupazione caratterizzi tutta quella fetta di popolazione giovane, che a seguito di traumi di gravi entità, si vede incapace di tornare ad un lavoro stabile e a mansioni paragonabili o simili a quelle possedute prima dell’incidente stesso. I pazienti traumatizzati, inoltre, giungono al chirurgo sempre in gravi condizioni, poiché spesso sono interessati da importanti lesioni associate degli organi interni con imponenti emorragie. La chirurgia d’applicare in queste delicate situazioni è perciò una chirurgia difficile e non priva di rischi e pertanto deve essere affidata a mani esperte e non solo richiede l'opera del traumatologo, ma l'indispensabile contributo di altri specialisti, quali i chirurghi addominale e plastico, il radiologo e, non ultimo, l’anestesista rianimatore. In queste situazioni la creazione di linee guida e protocolli interventistici risulta fondamentale: il precoce riconoscimento di lesioni d’organo, di un’instabilità emodinamica, delle caratteristiche del trauma e del tipo di frattura permette l’abbattimento dei tempi operativi e la preparazione di adeguati trattamenti chirurgici per riuscire a stabilizzare il paziente. L’utilizzo di un unico protocollo di trattamento, inoltre, permette ai diversi specialisti impegnati nel soccorso dell’infortunato, di utilizzare un “linguaggio comune” grazie al quale l’intervento risulta essere efficace e coordinato.
Una caratteristica delle ossa del bacino è quella di calcificare molto rapidamente: l'intervento chirurgico pertanto va eseguito entro 15 giorni dall'evento traumatico per non incorrere in difficoltà insormontabili nella riduzione delle fratture.
È in questo contesto che si sviluppa il nostro lavoro. Dopo un primo sguardo all’epidemiologia internazionale, un doveroso richiamo anatomico delle strutture coinvolte e una descrizione delle modalità del trauma e classificazione delle lesioni con relativo trattamento, ci siamo concentrati sull’analisi del protocollo diagnostico terapeutico del paziente politraumatizzato in uso attualmente all’ospedale San Gerardo di Monza.
Con il fine di valutarne l’effettiva efficacia, abbiamo sviluppato un’esperienza di ricerca che si configura nello specifico in uno studio pilota, il quale ha coinvolto un campione di pazienti che hanno riportato traumi di bacino ad alta energia, ospedalizzati presso il pronto soccorso dell’ospedale San Gerardo di Monza.

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INTRODUZIONE Dai rilevamenti ISTAT emerge che gli incidenti stradali e sul lavoro sono aumentati negli ultimi dieci anni di ben il 40%. Il progresso compiuto dall'industria dell'auto in termini di sicurezza e protezioni passive (cinture di sicurezza, airbags, barre antintrusione ed altri accorgimenti) e le normative di prevenzione imposte nell'ambito lavorativo hanno ridotto sensibilmente la mortalità, ma il numero dei feriti è cresciuto notevolmente, così come la gravità delle lesioni riportate. I traumi ad alta energia (da schiacciamento, arrotamento e caduta dall'alto) coinvolgono sempre più frequentemente il bacino, il quale in passato è stato quasi esclusivamente curato con trattamenti conservativi. Tali lesioni, però, se non sono adeguatamente trattate dal punto di vista chirurgico, possono provocare gravi e permanenti invalidità: a tal proposito, diversi studi internazionali hanno indicato come un elevato tasso di disoccupazione caratterizzi tutta quella fetta di popolazione giovane, che a seguito di traumi di gravi entità, si vede incapace di tornare ad un lavoro stabile e a mansioni paragonabili o simili a quelle possedute prima dell’incidente stesso. I pazienti traumatizzati, inoltre, giungono al chirurgo sempre in gravi condizioni, poiché spesso sono interessati da importanti lesioni associate degli organi interni con imponenti emorragie. La chirurgia d’applicare in queste delicate situazioni è perciò una chirurgia difficile e non priva di rischi e pertanto deve essere affidata a mani esperte e non solo richiede l'opera del traumatologo, ma l'indispensabile contributo di altri specialisti, quali i chirurghi addominale e plastico, il radiologo e, non ultimo, l’anestesista rianimatore. In queste situazioni la creazione di linee guida e protocolli interventistici risulta fondamentale: il precoce riconoscimento di lesioni d’organo, di un’instabilità emodinamica, delle caratteristiche del trauma e del tipo di frattura permette l’abbattimento dei tempi operativi e la preparazione di adeguati trattamenti chirurgici per riuscire a stabilizzare il paziente. L’utilizzo di un unico protocollo di 9

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Casella
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
  Facoltà: Medicina e Chirurgia
  Corso: Laurea specialistica a ciclo unico in medicina e chirurgia
  Relatore: Marco Bigoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 227

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