trattamento, inoltre, permette ai diversi specialisti impegnati nel soccorso
dell’infortunato, di utilizzare un “linguaggio comune” grazie al quale l’intervento
risulta essere efficace e coordinato.
Una caratteristica delle ossa del bacino è quella di calcificare molto
rapidamente: l'intervento chirurgico pertanto va eseguito entro 15 giorni
dall'evento traumatico per non incorrere in difficoltà insormontabili nella
riduzione delle fratture.
È in questo contesto che si sviluppa il nostro lavoro. Dopo un primo
sguardo all’epidemiologia internazionale, un doveroso richiamo anatomico delle
strutture coinvolte e una descrizione delle modalità del trauma e classificazione
delle lesioni con relativo trattamento, ci siamo concentrati sull’analisi del
protocollo diagnostico terapeutico del paziente politraumatizzato in uso
attualmente all’ospedale San Gerardo di Monza.
Con il fine di valutarne l’effettiva efficacia, abbiamo sviluppato
un’esperienza di ricerca che si configura nello specifico in uno studio pilota, il
quale ha coinvolto un campione di pazienti che hanno riportato traumi di bacino
ad alta energia, ospedalizzati presso il pronto soccorso dell’ospedale San
Gerardo di Monza.
10
CAPITOLO 1 EPIDEMIOLOGIA
1.1 INCIDENZA
Le fratture del bacino costituiscono da sole lo 0,3 - 6% di tutte le fratture,
aumentando fino al 20% nei pazienti politraumatizzati
39
. Per il continuo
incremento del numero degli incidenti stradali e dei tentati suicidi, la loro
crescita non tende ad arrestarsi e nel confronto tra i due sessi, la popolazione
maschile ha una percentuale d’incidenza che, secondo diversi studi, viene
compresa tra il 50-60%, mentre quella femminile non supera mai il 50%. Il
tasso di mortalità per le lesioni pelviche isolate è del 2%, valore che si alza
esponenzialmente fino a raggiungere il 50% se si associano a lesioni di altri
distretti corporei
33,75
. Anche se si tratta di lesioni poco frequenti nella
popolazione, la loro prevenzione, assistenza e cura sta diventando sempre più
importante nell’attuale sistema economico-sociale interessato al pareggio dei
bilanci: analisi economiche degli Stati Uniti d’America hanno descritto quali
spese annuali necessarie al trattamento chirurgico, riabilitativo e relative alla
mancata produttività, cifre nell’ordine dei 49 miliardi di dollari
89
.
Data la solidità strutturale del cingolo pelvico, la presenza di fratture che
ne compromettano la stabilità può essere considerata un attendibile indicatore
di trauma ad elevata energia: in molte casistiche sono riportati come
meccanismo traumatico l’incidente stradale (60-80% casi), la caduta dall’alto
(10-30% casi) ed i traumi da schiacciamento (5-10% casi)
84,87
. Gli incidenti
stradali rappresentano la terza causa di morte dopo le lesioni del sistema
nervoso centrale, del torace
52,
e da soli sono associati ad un tasso di mortalità
compreso tra 8% e il 16%
29
: l’introduzione degli airbag insieme alle cinture di
sicurezza hanno significativamente ridotto il numero di incidenti mortali, tanto
che negli ultimi 25 anni circa, la National Highway Traffic Safety Administration
11
ha stimato in 17.000 i sopravvissuti ad incidenti stradali potenzialmente mortali.
Tuttavia le cinture di sicurezza, create proprio con l’intento di impedire lesioni al
collo, al torace e all’addome, hanno determinato l’incremento delle lesioni
muscolo-scheletriche dell’anello pelvico
34
. Raramente vengono poi riscontrate
lesioni di questo tipo in atleti, tranne in quelli che praticano sport a grande
impatto, così come nel ciclismo e nell’equitazione
88
.
Prima conseguenza dell’intensità del trauma è l’elevata frequenza (90%)
di lesioni associate negli altri distretti corporei, soprattutto al sistema nervoso
centrale (23%) ed al tronco (26%), che spesso condizionano negativamente la
prognosi del paziente. Recentemente diversi autori hanno documentato, quale
significativa causa di morte dei pazienti, il ruolo delle lesioni associate,
soprattutto al SNC ed al torace. Nella Figura 1.1 è illustrata la distribuzione per
distretto delle lesioni associate alle fratture di bacino.
6%
19%
23%
26%
26%
Lesioni Associate
Colonna
Addome
SNC
Arti
Torace
Fig.1.1
Nei pazienti politraumatizzati le fratture del bacino costituiscono quindi
una patologia significativa, frequente nelle fasce di età più giovani, nonché
prima causa di morte nelle prime quattro decadi di vita. Inoltre bisogna tenere
presente l’elevata incidenza di sequele post-traumatiche e sequele post-
traumatiche invalidanti quali il dolore cronico, i disturbi della deambulazione, i
12
deficit neurologici, i disturbi sessuali ed urinari (incontinenza, impotenza
nell’uomo o alterazioni del canale da parto nella donna) che hanno
rispettivamente una non trascurabile incidenza del 20-35%, 30%, 20-40% e 20-
30%. Conseguenza di tali sequele è il fatto che soltanto il 70-80% dei pazienti
vittime di un trauma con frattura del bacino riprende l’attività lavorativa
precedente all’evento traumatico
84
.
Invece, aprendo una piccola parentesi sulla popolazione più giovane,
ossia sotto i 16 anni di età, dagli studi presenti in letteratura si osservano
percentuali d’incidenza dei traumi pari alla metà di quelle adulte e una
suddivisione per meccanismo traumatico molto simile a quella adulta
28
. Le
differenze che si possono riscontrare tra i due gruppi sono: una minor
percentuale di lesioni da caduta dall’alto; un aumento di lesioni riportate a
seguito d’incidenti stradali motociclistici più che automobilistici
28
; un’insorgenza
di morte precoce negli adulti per lesioni vascolari importanti ed incontrollabili
emorragie, mentre nei bambini per lesioni secondarie a carico del SNC più che
vascolari
48
.
1.2 I FATTORI DI RISCHIO
Un’analisi dei fattori di rischio delle fratture del bacino non può essere
fatta senza tenere conto degli oggetti o dei mezzi tramite i quali si vengono a
determinare questi specifici traumi ad alta energia: airbag, cinture di sicurezza,
ABS, ESP, caschi integrali, indumenti rinforzati, imbracature di sicurezza e tutte
le altre innovazioni tecnologiche di sicurezza stradale e del lavoro, risulteranno
essere importanti non tanto perché in grado d’impedire lo scontro del mezzo, la
caduta o lo schiacciamento, ma perché in grado di modificare la velocità del
trauma e con essa l’energia cinetica a cui il mezzo e il soggetto stesso saranno
sottoposti
34
, permettendo altresì un abbassamento delle forze incidenti e della
gravità delle lesioni stesse. Fatta questa semplice premessa, non sempre
scontata, dai diversi studi svolti in letteratura su coorti più o meno grandi di
pazienti con traumi ad alta energia, si può scoprire che la morbilità, la mortalità
e gli esiti a lungo termine di questi traumi sono strettamente correlati all’ età, al
13
sesso, alle lesioni associate, all’Injury Severity Score, al tipo di fratture, alla
stabilità o all’instabilità delle stesse, alla presenza di lesioni dei tessuti molli, al
vettore delle forze incidenti e alla presenza di concomitanti fratture degli arti
inferiori; è inoltre fondamentale sottolineare come siano primariamente i forti
stati di ‘shock’, gli elevati valori di Trauma Score, un’età superiore ai 60 anni e
le lesioni neurologiche associate, ad incidere maggiormente sul rischio di morte
o sul buon esito a distanza della frattura, indipendentemente dal tipo di frattura
pelvica
94,95,52
.
Oltre a quanto appena affermato non si può certo escludere o non tenere
in considerazione l’analisi dei valori di densità minerale ossea nei pazienti
traumatizzati e la loro correlazione con una maggior o minor facilità alla frattura.
Studi fatti sui cadaveri, prendendo in considerazione solo i traumi laterali,
diventati meno protetti di quelli frontali per l’introduzione delle cinture di
sicurezza, hanno evidenziato una maggior predisposizione alla frattura pelvica
nei soggetti con ridotti valori di densità minerale ossea
12
, ma per una
completezza scientifico-sperimentale andrebbero maggiormente analizzati i
soggetti più giovani e bisognerebbe considerare anche la presenza dei tessuti
molli, che seppur in minima percentuale, potrebbero modificare i valori delle
forze incidenti
12
.
Argomentazioni che supportano teorie per le quali la fragilità ossea non
può contribuire alle fratture associate a traumi ad alta energia, vengono dunque
smentite da studi che descrivono come bassi livelli di massa ossea possano
contribuire alle fratture da traumi ad alta energia, con un’incidenza maggiore tra
le donne osteoporotiche di età superiore ai 60 anni
84
.
Oltre a quanto appena esposto, tra i fattori di rischio si possono
annoverare anche lo stile di vita, il fumo, l’abuso di alcool, fattori di rischio
cardiovascolare, come l’ipertensione o l’infarto del miocardio, le pregresse
fratture e il diabete, che in entrambi i sessi ha un’elevata associazione con le
fratture dell’anca.
Il suddetto stile di vita non salutare aumenta la predisposizione alle
fratture soprattutto negli uomini, così come il diabete mellito di tipo I rispetto al
14
tipo II, forse per la maggior durata e persistenza della patologia sulle ossa,
determina minori valori di densità minerale ossea
44
.
1.3 LA REALTÀ DELL’OSPEDALE SAN GERARDO DI MONZA
Per quanto riguarda la realtà dell’ospedale San Gerardo di Monza, dal
Gennaio 1999 al Dicembre 2006 sono stati accettati 310 pazienti
politraumatizzati, 74 dei quali (24%) avevano una frattura del bacino con un
tasso di mortalità complessivo di 18 pazienti su 74 (24%). Tra questi pazienti 46
su 74 (63%) avevano come problema principale la frattura di bacino: 23 su 46
(50%) sono giunti e rimasti emodinamicamente stabili, solo un paziente è
deceduto dopo la diagnostica (mortalità del 4,3%); dei rimanenti 23 su 46 (50%)
9 sono stati stabilizzati (39%); 12 sono usciti instabili dal PS (52%): 4 diretti in
sala operatoria per una paracentesi falsa positiva a cui sono seguiti 3 decessi
(75%) e tra i rimanenti 8 pazienti instabili in diagnostica, 7 sono stati ricoverati
in ospedale e uno è deceduto durante l’angiografia (12,5%); un paziente è
entrato direttamente in sala operatoria ed è deceduto (4,3%). I rimanenti 28
pazienti su 74 (37%) avevano importanti lesioni associate alle fratture di bacino:
13 casi di emoperitoneo (47%), 7 lesioni toraciche gravi (25%), 4 amputazioni
(14%), 3 lesioni toraciche con emoperitoneo (11%) e uno sfondamento cranico
(3%).
Analizzando ora le lesioni associate, anche compresenti nella stessa
persona, si sono avuti 16 pazienti (22%) con trauma cranico commotivo, di cui
13 (82%) con Glasgow Coma Scale inferiore a 12; 23 pazienti (31%) con lesioni
addominali, di cui 14 (61%) con emoperitoneo [11 (79%) per lesioni spleniche, 1
(7%) per lesioni epatiche e 2 (14%) per lesioni di organi cavi], 3 (13%) con
lesioni spleniche non chirurgiche e 6 (26%) con lesioni epatiche non
chirurgiche; 32 pazienti (43%) con trauma toracico grave; 6 pazienti (8%) con
lesioni renali, di questi 4 (67%) con rottura renale e 2 (33%) con ematomi renali;
5 pazienti (7%) con lesioni delle vie urinarie, di cui 2 (40%) con rottura di
vescica e 3 (60%) con rottura uretrale; 6 pazienti (8%) con frattura di femore
associata; 5 pazienti (7%) con lesioni che hanno necessitato l’intervento del
15
chirurgo maxillo-faciale e 1 con dissecazione aortica. Nella Figura 1.2 viene
meglio illustrata la casistica delle lesioni associate descritte nello studio preso in
esame nell’ospedale San Gerardo di Monza.
0%
5%
10%
15%
20%
25%
30%
35%
40%
45%
LESIONI ASSOCIATE
Casistica Ospedale San Gerardo - Monza
TRAUMA CRANICO LESIONI ADDOMINALI TRAUMI TORACICI GRAVI
LESIONI RENALI LESIONI VIE URINARIE FRATTURA FEMORE
LESIONI MAXILLO-FACIALI DISSECAZIONI AORTICHE
Fig. 1.2
Descritta anche la realtà dell’Azienda Ospedaliera San Gerardo di
Monza, si potrebbe ora andare a fare un confronto puramente descrittivo tra le
casistiche appena descritte, che sono state alla base della stesura dell’attuale
protocollo diagnostico terapeutico sui traumi di bacino, e quelle internazionali
sopra citate. La Figura 1.3 ci mostra questo confronto: prima differenza
evidenziabile è una maggior incidenza di lesioni addominali (considerando al
loro interno anche quelle renali e delle vie urinarie, altrimenti i valori sarebbero
stati di poco differenti dagli altri) e toraciche gravi nella realtà monzese, rispetto
alla letteratura internazionale; la seconda riguarda invece le lesioni agli arti e
alla colonna, che sono molto superiori nella casistica internazionale, mentre in
16
quella del San Gerardo risulta essere minima o pressoché nulla; la terza
riguarda le lesioni del SNC che nella realtà monzese annovera anche i soggetti
con trauma cranico commotivo e Glasgow Coma Scale inferiore a 12.
Fig. 1.3
Da questo confronto si può quindi desumere come anche per l’Ospedale
San Gerardo di Monza, che non ha volumi d’intervento paragonabili a quelli dei
grandi Trauma Center Internazionali di I o II Livello, le casistiche evidenziano
una stessa distribuzione d’incidenza di traumi e di lesioni associate, con
un’affine, ma non proprio identica, differenziazione d’incidenza delle lesioni e un
tasso di mortalità che viene a rientrare in quello internazionale.
17
CAPITOLO 2 L’ANATOMIA DELL’ANELLO PELVICO
2.1 GENERALITÀ
Il bacino è deputato al sostegno del tronco e per assolvere questa sua
funzione possiede una forma ogivale in parte rigida e in parte elastica. La parte
rigida è costituita posteriormente dalle strutture ossee del sacro, lateralmente
dalle due ali sacrali e dalle ossa dell’anca ed anteriormente dalla sinfisi pubica;
la parte elastica è invece composta dai robusti apparati ligamentosi intrinseci ed
estrinseci. Lo scheletro della pelvi possiede una forma ad anello, l’ “Anello
Pelvico”, formato dalla 5
A
vertebra lombare, dalle due ossa dell’anca, dal sacro
e dal coccige; queste strutture, unite dai legamenti intrinseci, estrinseci e dal
pavimento pelvico, costituiscono un unico apparato meccanico, in grado di
trasmettere le sollecitazioni del tronco ai due arti inferiori.
Da un’osservazione sul piano frontale (Fig. 2.1), l’anello pelvico si
presenta come un arco regolare la cui “chiave di volta” è rappresentata dal
sacro, in grado di sopportare tutto il peso del corpo (tronco, capo e arti
superiori) e di trasmetterlo alle due cavità acetabolari, proprio lungo le ali sacrali
e lo sperone ischiatico. In questo modo la forza controresistente viene
scomposta in due vettori (Fig. 2.2): l’uno ascendente, lungo il collo femorale, e
l’altro orizzontale, che si esaurisce a livello della sinfisi pubica per la presenza
della stessa forza proveniente del lato opposto.
18
Fig. 2.1 Fig. 2.2
In sezione orizzontale (Fig. 2.4), invece, il sacro costituisce una “chiave
di volta invertita” con gli unici legamenti ileo-lombari e sacro-iliaci a proteggere
le articolazioni sacro iliache (Fig. 2.3). In questo piano l’anello pelvico risulta
essere poco protetto da eventi traumatici risultanti da forze sagittali, che
possono determinare una facile lussazione dello stesso.
Fig. 2.3 Fig. 2.4
In altre parole la stabilità e la dinamica funzionale della cintura pelvica e
delle sue strutture anatomiche dipendono dalle robuste strutture ligamentose
intrinseche (sinfisi pubica e legamenti sacro-iliaci) ed estrinseche (legamento
sacro-spinoso, sacro-tuberoso e ileo-lombare). Le prime conferiscono anche
un’elasticità all’anello pelvico: la sinfisi pubica permette infatti d’ammortizzare le
19
forze che agiscono in compressione e in distrazione mentre le sacro-iliache
annullano tutte le sollecitazioni di taglio, impedendo al sacro di scivolare in
avanti. Dunque la cintura pelvica può deformarsi elasticamente entro un ridotto
ordine di grandezza: cioè solo per sollecitazioni in apertura e chiusura a livello
della sinfisi pubica e solo per l’impulso di forze verticali e di taglio a livello delle
articolazioni sacro-iliache.
Benché dotata di una grande elasticità, di fronte ad un evento traumatico,
la pelvi può comunque presentare delle aree di resistenza e di debolezza (Fig.
2.5): le prime coincidono grosso modo con il sistema di strutture appena
descritto, mentre le zone di debolezza sono rappresentate dai forami sacrali,
dalle articolazioni sacro-iliache, dalle cavità acetabolari, dalla sinfisi pubica e
dalle branche ileo-ischio-pubiche.
Fig. 2.5
20
2.2 L’ANATOMIA
2.2.1 GRANDE E PICCOLO BACINO: SUPERFICIE INTERNA
Il bacino propriamente detto o “Grande Bacino” è diviso dalla pelvi o
“Piccolo Bacino” da un piano immaginario chiamato “piano dello stretto
superiore”, passante dal promontorio del sacro e dal margine anteriore delle ali
sacrali posteriormente, lateralmente dalla linea innominata e anteriormente
dall’eminenza ileo-pettinea e dal margine superiore della sinfisi pubica (Fig.
2.6); le stesse ali sacrali, con le fosse iliache interne ricoperte dalle masse
muscolari iliache concorrono a formare la grande pelvi.
A sua volta la piccola pelvi è delimitata inferiormente dal “piano dello
stretto inferiore”, costituito posteriormente dall’apice del coccige, lateralmente
dalle tuberosità ischiatiche e anteriormente dall’arcata sottopubica. Il decorso di
questo stretto inferiore è sinuoso ed irregolare, essendo formato dai margini
sacrali, dalle grandi incisore ischiatiche, dalle spine ischiatiche e dalle piccole
incisore ischiatiche, nonché dai margini interni delle due branche ischio-
pubiche. L’intera parete pelvica interna è poi rivestita dalla fascia pelvica o
endopelvica (Fig. 2.7), dalla quale si dipartono delle espansioni più o meno
robuste o ispessite, che dopo aver rivestito la parete del bacino formano i
legamenti deputati a collegare fra loro i vari organi contenuti nella pelvi stessa,
contribuendo a mantenerli nelle loro sedi fisiologiche.
21
Fig. 2.6
Fig. 2.7 Pelvi maschile, in sezione sagittale
22