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La religione civile americana e la sua influenza sulla politica estera degli Usa

La tesi cerca di analizzare il modo in cui la religione civile americana ha influenzato, e influenza, la politica estera degli Stati Uniti.
Nella prima parte, partendo dalla constatazione dell’importanza e della centralità della religione all’interno della società statunitense, il lavoro procedere ad un’analisi globale del “fenomeno religioso americano” ( dalle sue origini alle sue manifestazioni attuali ) per provare a spiegare delle apparenti contraddizioni. Diversamente da quanto ci si potrebbe aspettare, nella società americana, espressione del Paese più ricco, moderno e tecnologicamente avanzato del mondo, la secolarizzazione, pur in atto, viaggia a velocità molto meno sostenuta rispetto all’Europa: così gli indicatori che misurano la religiosità all’interno delle società individuano costantemente in quella statunitense una delle popolazioni più religiose dell’intero Occidente e non solo. Considerando il numero di aderenti alle varie fedi, gli Stati Uniti, pur essendo il Paese del libero mercato religioso per eccellenza e, storicamente, una terra di immigrazione, continuano a configurarsi decisamente come una nazione cristiana. Negli Usa, primo Paese laico nella storia, fondato sulla separazione tra stato e chiesa, la religione ha un notevole impatto sulla sfera pubblica. L’analisi giunge infine, cercando di trovare delle risposte a queste ed altre apparenti incongruenze, a soffermarsi sul concetto di religione civile. Elaborato ed introdotto da Jean-Jacques Rousseau durante il XVIII secolo, esso è stato in seguito usato spesso, e da più parti, per descrivere quello che, in estrema sintesi, si potrebbe definire come il legame, particolarmente forte nel caso degli Usa ( la cui religione civile si è consolidata basandosi sul puritanesimo e sulla tradizione giudaico-cristiana ), dei cittadini americani con i simboli, i riti e le istituzioni nazionali. Legame che gioca un ruolo di primissimo piano nella costruzione dell’identità collettiva della popolazione, e che ha anche aiutato, nel corso dei secoli, milioni di nuovi immigrati a trovare più velocemente dei punti di riferimento attraverso i quali consolidare la loro nuova identità nazionale.
Nella seconda parte, il lavoro ripercorre e analizza la politica estera degli Usa dall’indipendenza fino ai giorni nostri, soffermandosi sull’analisi delle condizioni, geopolitiche e non, che hanno reso possibile l’espansione tanto rapida quanto, fin dai primi anni, sostanzialmente incontrastata della nazione. In particolare, si cerca di analizzare come i successi ( ma anche gli insuccessi ) riportati in politica estera e, in genere, il ruolo degli Usa nel mondo, siano stati costantemente messi in relazione, tra molta della popolazione americana, con le particolari condizioni che portarono alla nascita della nazione e percepiti, così, come il segno di una speciale protezione divina riservata al popolo americano, che ha ereditato dal puritanesimo delle origini l’idea di avere una missione da portare avanti su scala globale. Da questo punto di vista, centrale risulta il concetto di destino manifesto: combinato con la Dottrina Monroe, esso ha costituito la base della politica estera ottocentesca, ma, pur essendo l’espressione caduta in disuso, ha continuato a far sentire i suoi effetti anche nel Novecento, sia nella prima che nella seconda parte del secolo terminato con la vittoria sul nemico sovietico, e nei primi anni del nuovo secolo, caratterizzati dalla nuova sfida lanciata dal terrorismo islamista. Ad essa, gli Stati Uniti hanno risposto abbandonando la strada, sicura e ben conosciuta perché li ha portati a divenire la potenza egemone del XX secolo, del multilateralismo e della cooperazione internazionale, per quella, molto meno sicura ( soprattutto tenendo conto della natura del nuovo nemico ), dell’unilateralismo.

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1 Introduzione Fin da bambino ho sempre subito il fascino degli Stati Uniti d’America, un Paese così lontano eppure, attraverso le massicce dosi di cultura popolare esportata in tutto il mondo, quasi tangibile rimanendosene comodamente a casa. Ancora nemmeno sapevo in quale parte del mondo fossero collocati esattamente quei Paesi, ma “sapevo” che gli americani erano i buoni e i sovietici i cattivi. Crescendo ho acquisito naturalmente maggiore consapevolezza della complessità di certe problematiche, e di quanto arduo sia, in genere, stabilire chi sia il buono e chi il cattivo ( ammesso e non concesso che la realtà possa sempre essere ricondotta ad una divisione così netta tra le due polarità ). Così ho realizzato che i cattivi erano un po’ meno malvagi di quanto la mia ingenuità mi portasse a credere e che anche i buoni non erano proprio degli angeli. Ma l’America ha continuato ad affascinarmi e ad incuriosirmi, soprattutto per la sua straordinaria capacità di sentirsi e presentarsi, anche attraverso i prodotti della sua industria culturale, come il “punto” più avanzato della storia, l’avanguardia di quella che siamo soliti definire cultura occidentale, pur essendone, dal punto di vista cronologico, uno degli ultimissimi prodotti. Perciò, anche se attraverso mezzi molto limitati, ho deciso di provare anche io a indagarne, in qualche modo, la complessità sociale, oltre alle specificità storiche. Il lavoro, anche se l’indice “recita” diversamente, si compone fondamentalmente di due parti. La prima cerca di analizzare il panorama religioso della società statunitense, anche da questo punto di vista sicuramente più articolato di quello europeo medio, anzi

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Informazioni tesi

  Autore: Alberto Pizzichillo
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Scienze della Comunicazione
  Relatore: Giuseppe Anzera
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 563

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