Un narratore sempre in viaggio tra il passato e il presente. Il teatro di Marco Paolini
Lo scopo principale di questo lavoro è di individuare le tematiche e le tecniche drammaturgiche di uno degli attori che si è imposto nella scena teatrale italiana degli anni Novanta: Marco Paolini.
L’attore veneto rappresenta, infatti, un fenomeno particolare all’interno del nostro panorama teatrale, in quanto egli è autore-attore delle proprie opere e spesso ne cura anche la regia.
Paolini ottenne grande successo, sia di pubblico che di critica, grazie al suo lavoro più famoso, Il Racconto del Vajont, che andò in diretta televisiva il 9 ottobre 1997, con uno share di tre milioni di telespettatori.
Da allora l’attore, pur mantenendo inalterata la tecnica narrativa, ha saputo reinventarsi continuamente, presentando opere pensate appositamente per il piccolo schermo, componendo un cd o, ancora, lavorando su di un’opera letteraria quale Il Sergente nella neve di Rigoni Stern.
Nella prima parte analizzo in modo generale la situazione del teatro dell’ultimo Novecento mostrando la crisi che si è formata nei Teatri d’Innovazione e negli Stabili, passando poi ad evidenziare la riscoperta del teatro di narrazione e mettendone in risalto le principali caratteristiche, gli attori e le opere.
Nel secondo capitolo prendo in esame nello specifico la poetica di Marco Paolini analizzando i temi e le caratteristiche principali che ricorrono in ogni suo spettacolo.
Metto in risalto qualità dell’attore-autore quali per esempio il suo continuo impegno civile, il concetto di memoria e il forte legame con la sua terra d’origine.
Il teatro di Paolini è fatto essenzialmente di ricerca e di studio; il suo lavoro inizia proprio col cercare parole adatte, significative, dense di segreti, al pari di autorevoli poeti, che ricercano le radici perdute di un territorio, nel quale si sono sedimentati gli umori di uomini, di bestie e di esseri viventi. È un teatro che ama raccontare storie e, dunque, affida molta della sua forza alla parola; essa esercita il suo potere nel momento in cui si manifesta, e grazie alla voce del narratore evoca persone, fa ridere e piangere, intenerisce e produce indignazione.
Il suo teatro mostra l’eterno istinto dell’uomo a raccontare; Paolini vuole fare propri i registri narrativi, il Tragico, il Comico e l’Epico attraverso cui narrare i volti anonimi, o inventati delle generazioni passate, storie di amore e sopruso affinché tutto sia salvato dall’oblio senza giustizia e da chi vuole un paese senza memoria. Egli rivaluta il rapporto diretto fra scena e pubblico, fra attore e spettatore, anche se sente il bisogno di uscire dai teatri ufficiali, per approdarci solo alla fine, poichè li ritiene dei luoghi non in grado di far crescere un artista.
Paolini ha imparato a moltiplicare il punto di vista e ad assumere sempre più quello degli ultimi, degli sconfitti, fino alle bestie e alle cose inanimate del paesaggio inerme; il suo è un teatro che si scompone e ricompone continuamente, un corpo testuale, fisico e figurale che proprio nella radicale differenza delle storie raccontate trova paradossalmente il modo di farsi riconoscere, di rimanere sé stesso pur nella metamorfosi ininterrotta.
Il suo scopo è che alla fine di ogni spettacolo ogni singolo spettatore abbia la sensazione di aver ricevuto un invito a scendere per strada e incuriosirsi della cronaca di tutti i giorni.
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Informazioni tesi
Autore: | Nicoletta Bertanelli |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Pisa |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Lettere moderne |
Relatore: | Anna Barsotti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 281 |
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