4
Nella prima parte analizzo in modo generale la situazione del
teatro dell’ultimo Novecento mostrando la crisi che si è formata
nei Teatri d’Innovazione e negli Stabili, passando poi ad
evidenziare la riscoperta del teatro di narrazione e mettendone in
risalto le principali caratteristiche, gli attori e le opere.
Pongo così come reinventori del genere Marco Baliani e Laura
Curino, che per primi hanno sperimentato i nuovi codici della
narrazione con i loro spettacoli guida, rispettivamente Kohlhaas
del 1990 e Olivetti del 1993.
Nel secondo capitolo prendo in esame, nello specifico, la poetica
di Marco Paolini analizzando i temi e le caratteristiche principali
che ricorrono in ogni suo spettacolo.
Metto in risalto qualità dell’attore-autore quali per esempio il suo
continuo impegno civile, il concetto di memoria e il forte legame
con la sua terra d’origine.
Nella seconda parte ho sottopoto ad analisi gli spettacoli di
Paolini in modo da evidenziare in ognuno di essi i temi trattati
nel capitolo precedente.
Ho suddiviso questa parte in due capitoli: nel primo esamino le
“opere civili”, ovvero quegli spettacoli che affrontano lunghi e
difficili processi penali, con i quali l’artista vuole risvegliare la
coscienza di ogni spettatore; egli, infatti, “scava dentro la
montagna di atti giudiziari, mosso dalla voglia di capire ogni
linguaggio, persino le criptiche dichiarazioni dei periti, e di
trovare delle risposte plausibili ad almeno uno degli infiniti
misteri italiani”
2
. Gli spettacoli presi in esame sono Il Racconto
del Vajont, I-TIGI Canto per Ustica e Parlamento chimico.
Storie di plastica.
2
Carmelo Alberti, Il candore e il mistero. I “processi” civili di Marco Paolini, 30 gennaio
2003, www.drammaturgia.it.
5
Il secondo capitolo riguarda invece le opere “geografiche”, le
quali evidenziano il continuo viaggiare dell’artista nelle proprie
terre e tra la sua gente ricavandone un’attenta analisi sociale.
Paolini, infatti, in queste opere, pone al centro della propria
narrazione il cambiamento della società attraverso l’analisi del
paesaggio. Si passa così dai primi monologhi di Paolini, Gli
Album, alle opere più tarde quali Il Milione e I Bestiari.
Per l’analisi drammaturgica delle opere ho utilizzato, là dove
esistenti, i testi pubblicati dall’attore.
Per l’analisi degli spettacoli ho fatto riferimento agli allestimenti
cui ho assistito personalmente al Teatro Animosi di Carrara, Il
Milione nel 1998, e I-TIGI nel 2001.
Per gli altri spettacoli ho invece esaminato le registrazioni degli
spettacoli commercializzate dall’attore stesso.
Nella terza parte passo in rassegna gli ultimi progetti dell’attore
veneto: i sei monologhi che Paolini ha presentato per la
trasmissione Report nel 2003, il cd Sputi, inciso nel 2004 insieme
al gruppo I Mercanti di Liquore e il suo ultimo spettacolo Il
Sergente.
6
Parte Prima
Il teatro di narrazione
7
Capitolo I
Il teatro dell’ultimo Novecento
8
I.1 La situazione teatrale dell’ultimo Novecento
Negli ultimi vent’anni il disagio all’interno del sistema teatrale
italiano è indubbiamente cresciuto a causa del taglio del 50% al
Fondo Unico dello Spettacolo, che costituisce il principale
sostegno del governo al teatro. La risposta di quest’ultimo è stata
di ridurre i costi di produzione e limitare il numero degli
spettacoli in cartellone; inoltre, le grandi compagnie hanno
cercato di ridurre il rischio di insuccesso garantendo spettacoli
con nomi noti in cartellone e testi che non scandalizzassero il
pubblico, puntando verso i classici o i parascolastici. Il teatro
italiano è di conseguenza caratterizzato da una scarsissima
produzione drammaturgica sia nel campo del linguaggio sia per
quanto riguarda il ricambio generazionale
1
.
Questa situazione di stallo è resa ancora più evidente dai teatri
pubblici: i dirigenti degli Stabili, pur rendendosi conto dello
svuotamento del loro ruolo e delle loro funzioni, non sono in
grado di discutere i termini culturali del problema, o indicare
quale nuova strada prendere. Una soluzione convincente era
sembrata la nascita, quindici anni fa, dei Teatri Stabili
d’Innovazione, che si ponevano come alternativa al teatro
ufficiale, e che riuscirono ad ottenere la maggior parte delle
risorse destinate al “micro-settore” della ricerca e
sperimentazione:
1
Cfr. Oliviero Ponte di Pino, Teatro in Italia: un sistema in stallo: Oliviero Ponte di Pino
per Un nuovo pubblico per il teatro, un nuovo teatro per il pubblico, convegno a Roma del
20 Maggio 2004, in ‹‹ateatro››, 24 maggio 2004, www.olivieropdp.it.
9
[…] se il ruolo degli Stabili d’Innovazione è generare mutazione e
promuoverne la proliferazione […] le loro varie fasi di transizione
evidenziano come gran parte delle premesse e delle aspettative che
ne avevano accompagnato la nascita e lo sviluppo siano state
ampiamente disattese, sotto diversi punti di vista
2
.
Gli Stabili d’Innovazione hanno deluso perché non sono riusciti a
creare un circuito alternativo, né a diventare promotori, appunto,
d’innovazione. Ne sono così derivati due tipi d’organismi: quelli
legati ad una compagnia, o gruppo, che li gestisce, e quelli che,
guidati da un dirigente, sono relegati nella dimensione
dell’intrattenimento e dell’organizzazione del tempo libero
3
.
L’unico segno di rinascita è affidato alle realtà nuove e piccole
che tentano di dare una svolta decisa a questa crisi cercando di
intercettare nuove fasce di pubblico; la continua nascita di
giovani compagnie è, infatti, sintomo di un bisogno di
rinnovamento del teatro. In questo ambito la centralità del
progetto artistico è assoluta, non viene posta come priorità il
problema del pubblico poiché “questi nuovi gruppi sanno di
essere marginali e di rivolgersi ad una élite che sceglie quel tipo
di esperienza per motivi culturali, generazionali, o per affinità di
vario genere”
4
. L’establishment teatrale nel suo complesso
considera queste esperienze dilettantesche e avventuristiche;
infatti, gli spazi ufficiali mantengono una scelta conservatrice,
privilegiando l’esistente e attuando una politica di chiusura verso
il nuovo
5
.
2
Adriano Gallina, En attendant Cofferati. Una nuova prassi teatrale?, in ‹‹ateatro››, 12
febbraio 2004, www.olivieropdp.it.
3
Cfr. Oliviero Ponte di Pino, Teatro in Italia: un sistema in stallo..., cit.
4
Oliviero Ponte di Pino, Organizzare il movimento. Appunti sparsi sul nuovo teatro e sulle
sue forme organizzative, in ‹‹ateatro››, 1 febbraio 2001, www.olivieropdp.it.
5
Ibidem.
10
“Queste realtà rappresentano punte di eccellenza che il nostro
sistema teatrale non è in grado di riconoscere e sostenere
adeguatamente, ma che anzi spesso considera come corpo
estraneo e fonte di disturbo, da relegare nel ghetto della ricerca”
6
;
trovano spazio, infatti, solo in minifestival, vetrine all’interno
delle stagioni ufficiali dei teatri e festivalini estivi. Tutte le nuove
compagnie formatesi, per lo più, negli ultimi vent’anni, lavorano
spesso sul piano della pedagogia teatrale, impegnate sul fronte
dell’integrazione del teatro coi nuovi media con l’intento di far
crescere il loro pubblico, “accompagnandolo nella
trasformazione da pubblico adolescente a pubblico adulto”
7
.
Sono solo esperimenti isolati quelli che riescono ad avere
successo, conquistare nuovi spettatori e avere vita lunga, ma
molto spesso, visto lo scarso sostegno che ottengono in Italia, le
nuove compagnie sono costrette a raccogliere risorse all’estero
ottenendo poi notorietà internazionale. È il caso di Pippo
Delbono
8
, della Socìetas Raffaello Sanzio
9
, di I Motus
10
.
6
Oliviero Ponte di Pino, Teatro in Italia: un sistema in stallo…, cit.
7
Ibidem.
8
Pippo Delbono, classe ’59, inizia gli studi teatrali in una scuola tradizionale che
abbandona per seguire l’attore argentino Robledo; negli anni ’80 in Danimarca si unisce al
gruppo Farfa guidato da Rosmussen. Successivamente viaggia tra India, Cina e Bali, dove
studia le tecniche dell’attore e danzatore. Tornato in Italia incontra Pina Bausch e collabora
al suo TanzTheater. Nel ’90 crea Il muro prima sua composizione corale con attori e
danzatori. Il suo spettacolo più importante è Barboni per cui riceve il premio Ubu nel ’97:
“per una ricerca condotta tra vita e arte”, e premio Ubu della critica nel ’98. Sue opere
successive sono: Itaca nel ‘98, Her Bijit nel ’99, Guerra nel 2000, Esodo nel 2001, Gente
di plastica nel 2002, Urlo nel 2003. Cfr. Stefania Chinzari e Paolo Ruffini, Nuova scena
italiana. Il teatro dell’ultima generazione, Roma, Castelvecchi, 2000, p. 79.
9
La Socìetas Raffaello Sanzio è stata fondata nel 1981 a Cesena da Romeo Castellucci,
Claudica Castellucci, Chiara Guidi e Paolo Guidi. Nel decennio seguente il gruppo diventa
simbolo dell’avanguardia italiana in Europa per rivisitazioni di miti e favole classiche; loro
spettacoli famosi sono Kaputt Necropolis del 1984, Miserabili dell’87, La discesa di
Inanna del 1989, Gilgamesh del 1990 e il loro capolavoro Amleto. La veemente esteriorità
della morte di un mollusco del 1992. Cfr. Stefania Chinzari e Paolo Ruffini, Nuova scena
italiana …, cit., pp. 88/89.
10
Nel 1990/91 Enrico Casagrande e Daniela Nicolò fondano a Rimini L’Associazione
Culturale Opere dell’Ingegno, ma nel ’92 con lo spettacolo Strada principale e strada
secondaria dedicato a P. Klee e S. Beckett, il gruppo cambia nome e diviene Motus, dando
inizio a una serie di produzioni e piccoli eventi curati da entrambi i fondatori: Casagrande
11
Negli ultimi anni si è tentata un’ulteriore sfida per il teatro:
diffondere lo spettacolo teatrale all’interno del sistema televisivo
nazionale, internet e canali tematici. La prima sfida è stata
sicuramente vinta:
Il 9 Ottobre 1997 una trasmissione ha mandato in frantumi molti
luoghi comuni sul teatro in televisione. Era un Giovedì, quel giorno
era arrivato l’annuncio del Nobel a Dario Fo. C’era aria di crisi di
governo, e infatti Fausto Bertinotti era ospite di Santoro a Moby
Dick per illustrare agli italiani le sue minacce a Prodi. Su Raiuno
sfilavano le più belle modelle del mondo, con gli abiti dei più famosi
stilisti. Insomma, una serata con diversi appuntamenti di forte
richiamo. Eppure quella sera un attore sconosciuto al grande
pubblico, mai visto in televisione o al cinema (a parte qualche
trascurabile comparsata) ha sbancato l’Auditel con un monologo di
oltre due ore e mezza su una tragedia dimenticata e vecchia di oltre
trent’anni (insomma, rimossa), tra lo sbalordimento dei funzionari
Rai e degli esperti […] Tre milioni e mezzo di spettatori sono una
cifra incredibile per un programma del genere, oltretutto
inclassificabile. Un giornale l’annunciava come “documentario”, un
altro come “dibattito”, un terzo come “film drammatico”, qualcun
altro semplicemente non lo classificava. In ogni caso nessuno aveva
osato la definizione tabù: “teatro”. Insomma roba adatta al massimo
alla seconda serata di “Palcoscenico” o magari ai quattro gatti e ai
videoregistrati di Fuori Orario
11
.
Lo spettacolo era Il racconto del Vajont con Marco Paolini che
rappresentava, in ogni caso, un evento particolare anche
all’interno del normale circuito teatrale italiano.
cura la regia, e Nicolò l’elaborazione drammaturgica; tutti e due sono impegnati nel ruolo
d’attori. Ricordiamo alcuni spettacoli importanti come, per esempio, Cassandra nel ‘94,
L’occhio belva nel ‘95, Catrame nel ‘95, O.F. ovvero Orlando Furioso nel ’98, nel ’99 e
2000 ricevono il Premio Ubu Speciale della Giuria. Cfr. www.motusonline.it.
11
Oliviero Ponte di Pino, Teatro in Italia: un sistema in stallo…, cit.
12
I.2 La sfida con i media.
La nuova sfida, dunque, che si è aperta per il teatro è di mischiare
nuovo, antico e postmoderno, tornare ad inventare sempre al fine
di incontrare un nuovo pubblico.
La relazione tra antico e moderno, che si è venuta a formare
proprio in questi ultimi anni, è assai particolare; in un paese dove
le testate giornalistiche subiscono un controllo sempre più
asfissiante e le censure tendono a moltiplicarsi, il teatro torna in
auge per rappresentare una identità collettiva portando alla luce i
conflitti che attraversano la polis, anche a costo di creare
scandalo. Il teatro riscopre il suo valore civile, il proprio ruolo
didattico originario, suscita dibattito e discussione, “perché il
teatro è da sempre un atto, oltre che estetico, anche politico; e un
potere politico autenticamente democratico deve in qualche
modo farsi carico della scena della polis”
12
.
In Italia i comici devono essere prudenti perché gli intellettuali sono
assai severi con la satira, attenti alla virgola e alla minima caduta di
gusto. D’altra parte il comico è un mestiere di grande responsabilità.
A differenza del politico e del giornalista, si pretende che sia
impeccabile. C’è uno solo che può dire montagne di sciocchezze,
rifiutare il contraddittorio anche in periodo elettorale, fare i
complimenti ai corruttori e le corna ai ministri, raccontare barzellette
sui malati di Aids e sull’olocausto, esaltare Mussolini e i massacri
russi in Cecenia: nel totale silenzio dei nostri bravi bacchettoni.
Questa però è concorrenza sleale
13
.
Così Curzio Maltese su “la Repubblica” del 28 novembre 2003
commentava la censura ai danni del comico Paolo Rossi perché
12
Oliviero Ponte di Pino, Teatro in Italia: un sistema in stallo…, cit.
13
Curzio Maltese, in ‹‹la Repubblica››, 28 novembre 2003.
13
voleva citare durante la trasmissione “Domenica In” di RaiUno le
parole che Tucidide mette in bocca a Pericle nel secondo libro
della Guerra del Peloponneso per spiegare agli ateniesi il
concetto di democrazia
14
.
I casi di “censo-Rai” sono ormai numerosi, basti pensare allo
scandalo che suscitò la censura al giornalista Biagi per aver
ospitato il comico Benigni nel proprio programma “Il Fatto”, o al
contrario, il comico Luttazzi che invitò il giornalista Travaglio a
“Satyricon”, e ancora il caso della sospensione della trasmissione
“Raiot. Armi di distrazione di massa” di Sabina Guzzanti. Molti
degli attori-autori italiani cercano così un’altra strada, diversa da
quella ufficiale, e provano ad imitare l’illustre esempio di Dario
Fo e Franca Rame, che abbandonando “Canzonissima” nel 1962
girarono l’Italia per decenni di fronte a platee affollatissime. Gli
spazi di ritrovo erano luoghi non convenzionali, non teatrali:
Case del Popolo, Circoli ARCI, fabbriche e scuole occupate,
piazze e auditorium, generando così un nuovo pubblico
desideroso di ascoltare un’altra campana, di riconoscersi in un
14
“Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: per questo è detto democrazia. Le
leggi assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi ignoriamo i
meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora egli sarà, a preferenza di
altri, chiamato a servire lo Stato, non come un atto di privilegio, ma come ricompensa al
merito, e la povertà non costituisce un impedimento. La libertà di cui godiamo si estende
anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai
il nostro prossimo se preferisce vivere a modo suo. Ci è stato insegnato di rispettare i
magistrati, e le leggi, e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che
ricevano un’offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte la cui
sanzione risiede solo nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di buon senso. La
nostra città è aperta al mondo; noi non cacciamo mai uno straniero. Noi siamo liberi di
vivere proprio come ci piace, e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi
pericolo. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie
faccende private. Un uomo che non si interessa dello Stato non lo consideriamo innocuo,
ma inutile; e benché soltanto in pochi siano in grado di dar vita a una politica, noi siamo
tutti in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione un ostacolo sulla strada
dell’azione politica. Crediamo che la felicità sia il frutto della libertà e la libertà sia solo il
frutto del valore”. Oliviero Ponte di Pino, La neo-televisione può nascere dal teatro?, in
‹‹Catalogo di Riccione TTV 2004 Expanded theatre››, in ‹‹ateatro››, 24 maggio 2004,
www.olivieropdp.it.
14
messaggio divergente dal pensiero unico, di testimoniare la
propria militanza
15
. Così, allo stesso modo, il 23 novembre 2003
alcune decine di migliaia di persone si sono raccolte
all’Auditorium di Roma per assistere a una edizione teatrale della
trasmissione Raiot, e la serata ha ricordato per molti aspetti i
leggendari pomeriggi domenicali intorno alla Palazzina Liberty
di Milano occupata da Fo negli anni Settanta
16
.
Nell’estate 2002 la censura si è presentata anche sulla scena di
Luca Ronconi durante la rappresentazione di Rane di Aristofane
nel teatro greco di Siracusa; la sua colpa è stata di aver inserito
nella scenografia un manifesto con le foto del premier Berlusconi
ed il suo vice Fini
17
.
Una soluzione efficace contro la censura è stata affrontata, ancora
una volta, dalla famiglia Fo tramite l’uso di network
sperimentali, televisioni locali e via satellite, mandando in onda il
loro spettacolo Ubù va alla guerra il 27 marzo 2003 su emily.tv.
Questo il comunicato dei Fo per lanciare la loro iniziativa:
[…] Siamo qui per annunciarvi che Giovedì 27 Marzo 2003, alle ore
20.30 saremo in onda con una trasmissione comica su almeno 20
televisioni locali e via satellite. […] Si parlerà della guerra in Iraq,
della situazione in Italia e di alcuni avvenimenti che le televisioni
tacciono. Si tratta solo di un esperimento per dimostrare che è
possibile farlo. Oggi pensare a una televisione indipendente non è
una follia. […] Pensiamo che una televisione che possa offrire un
accesso al grande pubblico e creare uno straordinario movimento di
filmaker, con gruppi che ovunque iniziano a autoprodurre materiali
visivi. Perché la tv monopolista non è negativa solo per i suoi
contenuti ma anche perché non è in grado di stimolare nuovi talenti,
è chiusa in un sistema di caste che non lasciano spazio a proposte
15
Cfr. Marisa Pizza, Il gesto, la parola, l’azione. Poetica, drammaturgia e storia dei
monologhi di Dario Fo, Roma, Bulzoni, 1996, pp. 50/51.
16
Cfr. Oliviero Ponte di Pino, La neo-televisione può nascere dal teatro?, cit.
17
Ibidem.
15
originali e nuove. […] è la prima volta che si prova a trasmettere una
serata incentrata su un tema tragico svolto con serenità e sarcasmo
18
.
Visto il successo di questo tentativo, Fo e la Rame hanno usato
ancora una volta il satellite per un altro loro spettacolo:
L’anomalo bicefalo, ancora dedicato a Berlusconi e ai suoi
cadaveri nell’armadio, ma a causa di una querela, lo spettacolo il
24 gennaio 2004 è andato in onda senza il sonoro.
Ultimo esperimento di teatro in tv, dove la censura è stata solo
minacciata: la partecipazione di Marco Paolini alla trasmissione
di RaiTre “Report” di Milena Gabanelli. Paolini, con un
monologo di circa mezz’ora per ogni puntata, presentava i temi
dell’inchiesta della settimana; si trattava di una sperimentazione
a metà tra teatro e inchiesta, informazione e memoria.
L’aspetto più importante di questa analisi riguarda il fatto che a
fare da catalizzatore di una sperimentazione creativa del medium
televisivo sia stato così spesso l’arcaico teatro. Il teatro, in quanto
opera d’arte totale, riesce ad inserirsi nelle nuove tecnologie e a
ritagliarsi uno spazio nell’etere in forme curiose ed imprevedibili.
Le ragioni sono molteplici: innanzi tutto il teatro, che riesce ad
avere successo nei media telematici, presenta un forte impegno
civile e morale, vanta lunghe esperienze di militanza politica e
un radicato rapporto con ampi settori della società civile; i
teatranti recuperano dalla memoria collettiva le proprie tematiche
e grazie al loro linguaggio flessibile riescono ad avvicinare più
ampie fasce di pubblico.
18
Dario Fo, Franca Rame, Iacopo Fo, in Oliviero Ponte di Pino, La neo-televisione può
nascere dal teatro?, cit.
16
“Se un vecchio arnese come la censura torna d’attualità sta a
dimostrazione che il teatro politico e la sua satira non hanno
perso tutta la loro efficacia”
19
.
19
Oliviero Ponte di Pino, Ancora sul teatro politico. Un intervento per Hystrio, in
‹‹Hystrio››, a. XVI, n. 2/2003, aprile-maggio, p. 15.
17
I.3 La riscoperta della narrazione
Dalla fine degli anni Ottanta uno degli esiti scenici che
maggiormente ha riscontrato successo è il cosiddetto “teatro di
narrazione”, ovvero la figura dell’artista solitario, autore e
interprete di sé stesso; sono soprattutto Laura Curino
20
, Marco
Baliani
21
e Marco Paolini, primi originali eredi di Dario Fo, attori
dedicatisi alla scrittura orale, al racconto drammaturgico che
diviene affabulazione e metafora, sia quando descrive storie
20
Laura Curino è nata a Torino nel 1956 ed è stata fondatrice, insieme a Gabriele Vacis, del
Teatro Settimo Torinese nel 1981, (all’inizio si chiamava FIAT-Teatro Settimo, poi
Laboratorio Teatro Settimo e infine Teatro Settimo Torinese). Sin dal suo debutto la coppia
Vacis-Curino ha agito sulla narrazione come elemento costitutivo del proprio fare teatro. I
primi spettacoli sono stati Riso Amaro del 1981 e Esercizi sulla tavola di Mendeleev del
1984. Lo spettacolo di svolta verso il teatro di narrazione è, però, rappresentato da Elementi
di struttura del sentimento del 1985, ispirato al romanzo di Goethe Le affinità elettive, in
cui il racconto della storia (lo scambio di coppia e della nascita e morte del bambino), viene
affidata alle serve della casa. Durante le repliche di questo spettacolo, la Curino e le altre
attrici affinano una tecnica di crescita del personaggio, a cui daranno il nome di
“sottotesto”: gli attori introducevano nelle vite dei loro personaggi modi di vivere della
propria quotidianità. Lo spettacolo in cui questa tecnica viene portata all’estremo è Stabat
Mater del 1989: quattro attori narravano ricordi di personaggi selezionati da una rosa di
testi della letteratura sudamericana; il testo però è continuamente contaminato dalla vita
personale degli attori. Contemporaneamente Laura Curino lavora a Passione, testo
autobiografico sulla propria infanzia trascorsa nei caseggiati popolari della FIAT negli anni
’70. Lo spettacolo successivo è Olivetti in cui l’attrice, sola in scena, cerca di mitizzare il
liberismo economico con l’esempio del capitalismo umanista di Adriano Olivetti; il lavoro
si divide in due parti: la prima dedicata al padre fondatore Camillo, e la seconda al figlio
Adriano. Cfr. Gerardo Guccini, Storia teatrale di Laura Curino, in ‹‹I Quaderni di Prove di
Drammaturgia››, marzo 2002, pp. 71-85.
21
La sua carriera teatrale nasce a Roma negli anni ’70 con happening e agit-prop; numerosi
sono gli stage che frequenta, con Dario Fo, Paolo Poli, Carlo Formigoni, Eugenio Barba e
De Fazio dell’Actor’s Studio, grazie ai quali impara ad affrontare sia il processo di
costruzione del personaggio, della sua interiorità sia l’azione fisica; ma in realtà Baliani si è
sempre distinto come un autodidatta. Molto importante per la sua formazione è stata
l’esperienza con dei bambini disadattati a cui raccontare fiabe alla fine degli anni ’80. Dal
1989 inizia, infatti, ad interessarsi al teatro di narrazione e nel 1990 con Kohlhaas, da una
novella di von Kleist, ne fonda il manifesto. Nel 1998 approda a testi storici con Corpo di
Stato. Il delitto Moro: una generazione divisa, in cui raccontando il caso Moro, ricostruisce
la situazione romana di quegli anni di piombo. Con lo spettacolo successivo torna alla
letteratura: Lo Straniero, dall’omonimo libro di Albert Camus, in cui vuol fare una nuova
sperimentazione: recitare lontano dal pubblico, sospeso su una pedana. Infine del 2000 è
Francesco a testa in giù in cui racconta la storia del santo di Assisi da un particolare punto
di vista: Francesco è un personaggio politico che vuol cambiare il mondo sotto la propria
spinta utopica, il mezzo per farlo è il teatro; egli infatti è presentato come un giullare che ha
rubato i trucchi a qualche giullare di passaggio. Cfr. Oliviero Ponte di Pino, La vocazione
teatrale di Francesco di Bernardone, 24 novembre 2000,
www.trax.it/olivieropdp/francesco.htm.