I prezzi di trasferimento: uno strumento dell'evasione fiscale
Il problema della valorizzazione degli scambi posti in essere dalle imprese multinazionali ha assunto, nel corso degli anni, aspetti via via più rilevanti, sia per effetto dell'integrazione dei mercati a livello mondiale, sia per la maggior diffusione di pratiche di collaborazione industriale (ad esempio le joint ventures).
Ciò ha comportato: da un lato, la necessità per le imprese di darsi strutture adeguate a competere su più mercati al di là di quello nazionale e, dall'altro, il pericolo per le Amministrazioni fiscali di vedersi sottrarre materia imponibile in virtù della manipolazione dei valori applicati agli scambi che avvengono tra le diverse entità dislocate in Paesi differenti.
Particolare attenzione viene dunque posta dalle legislazioni di quasi tutti i Paesi alla determinazione dei valori che devono essere attribuiti agli scambi che avvengono tra imprese collegate.
È facile intuire che il problema riguarda le legislazioni fiscali di tutti i Paesi coinvolti negli scambi, le quali, nei loro interventi di rettifica dei valori applicati dalle imprese, devono necessariamente coordinarsi al fine di evitare fenomeni di doppia imposizione, che creano distorsioni nelle scelte di allocazione delle risorse.
Dal punto di vista delle imprese multinazionali, il problema del calcolo dei prezzi di trasferimento è in parte analogo a quello che ordinariamente viene affrontato per la valorizzazione delle transazioni che avvengono tra due divisioni della medesima impresa nel mercato nazionale.
Tuttavia, la scelta del metodo da applicare consente di ottenere effetti maggiori rispetto ad imprese che operano nel medesimo Stato.
Alla base di una specifica politica dei prezzi di trasferimento possono esserci diversi motivi: uno di questi, ad esempio, è la diminuzione del grado di concorrenza in un mercato, attraverso l'artificioso ribasso dei costi della consociata; altro obiettivo perseguibile riguarda le distribuzione delle liquidità all'interno del gruppo in quanto applicare prezzi di trasferimento più o meno alti ad una consociata, significa immettere o drenare liquidità a carico o a vantaggio delle altre imprese .
La manovra dei prezzi porta, di conseguenza, ripercussioni nella determinazione degli utili delle singole imprese associate e, se è pur vero che esistono diverse ragioni per manovre intersocietarie, è anche indiscutibile che tali manovre, pur se non preordinate ai fini fiscali, comportano sostanziali alterazioni nel livello di tassazione dei singoli Stati. Su questo terreno si scontrano gli opposti interessi delle multinazionali e dell'Amministrazione fiscale degli Stati in cui le imprese operano. L'accusa che più spesso ricorre è proprio che attraverso la determinazione (e manipolazione) dei prezzi di trasferimento le imprese sfuggono (o possono sfuggire) alla tassazione.
Scopo principale delle disposizioni sul transfer pricing è, pertanto, quello di evitare che le multinazionali pervengano, attraverso una sovrastima o una sottostima dei prezzi, a trasferire porzioni di reddito imponibile in Stati a più bassa fiscalità o in giurisdizioni dove l'impresa multinazionale può avere uno specifico interesse.
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Informazioni tesi
Autore: | Maria De Francesco |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2003-04 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e amministrazione delle imprese |
Relatore: | Ernesto Longobardi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 119 |
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FAQ
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