La riforma crispina dell'ordinamento comunale e provinciale. Gli atti parlamentari
Nella mia tesi ho voluto analizzare l’attività legislativa del primo ministero Crispi (1887-1891) ed in particolare la riforma dei così detti enti locali, quali comuni e province, perché essa rappresenta una tappa fondamentale nella storia delle istituzioni amministrative italiane e del consolidamento del regime seguito all’unificazione dello Stato.
Le varie leggi crispine chiudono, infatti, il ventennale dibattito sulle forme, i modi ed i significati dell’unificazione amministrativa e costituiscono, almeno in alcuni casi, una ratifica definitiva delle scelte operate all’indomani dell’unità, con i tanti discussi e vituperati cinque allegati alla legge comunale e provinciale del 20 marzo 1865.
L’espansione territoriale del Regno, conseguente all’annessione della Lombardia, pose al centro del dibattito politico il tema della organizzazione politico-amministrativa dei livelli di articolazione locale.
L’anno 1865 registrò una riforma complessiva dell’amministrazione italiana che, investendo i settori delle opere pubbliche, della sicurezza pubblica, della sanità, del contenzioso amministrativo e del Consiglio di Stato, pose i cardini per la disciplina della finanza locale ed incise sull’ordinamento provinciale e comunale.
Con la legge del 20 marzo 1865, n. 2248, allegato A, vennero infatti, apportate alcune modifiche alla legge Rattazzi, in forza delle quali varie attribuzioni della giunta furono trasferite al sindaco che risultò essere la figura cardine dell’amministrazione municipale. La fitta rete di controlli di legittimità e di merito, che riconduceva l’amministrazione locale nelle mani del rappresentante periferico dell’amministrazione statale, venne controbilanciata dall’estensione del suffragio.
Successivamente alla crisi dello stato liberale si rinnovò, con la guida del Crispi, una tendenza all’accentramento dei poteri, che condusse ad operare una riforma dell’assetto amministrativo attuata con l’approvazione della legge 30 dicembre 1888, n. 5865. Nel discorso della Corona che inaugurava, il 16 novembre 1887, la seconda sessione della XVI Legislatura, era annunciata la riforma della Legge Comunale e Provinciale. In adempimento alla promessa fatta con la parola della Corona, nella tornata del 19 novembre, l’onorevole Crispi presentava alla Camera dei Deputati un disegno di legge in 77 articoli, con il titolo “Modificazioni ed aggiunte alla Legge comunale e provinciale 20 marzo 1865”.
Il progetto, dopo lunghe e sapienti discussioni nei due rami del Parlamento, divenne appunto la legge promulgata il 30 dicembre 1888, la quale, per mandato legislativo, fu dal Governo del Re coordinata con la legge 20 marzo 1865, allegato A e con altre leggi che quest’ultima avevano modificato: il tutto venne recepito ed ampliato con l’adozione del testo unico della legge comunale e provinciale.
Tale legge operò la parificazione dell’elettorato amministrativo a quello politico e concesse: ai comuni, capoluoghi di provincia e di circondario, ovvero a quelli con più di 10.000 abitanti, di scegliersi il proprio sindaco; alle deputazioni provinciali di nominare – al loro interno – un presidente. Rafforzò, inoltre, il meccanismo dei controlli, con l’introduzione della Giunta provinciale amministrativa e con un potenziamento del ruolo svolto dai prefetti, il cui potere era conferma del principio di centralità del potere esecutivo e delle sue articolazioni periferiche.
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Informazioni tesi
Autore: | Antonio Candido |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2003-04 |
Università: | Università degli Studi di Bari |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Gianfranco Liberati |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 153 |
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