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Il trattamento della malattia mentale. Il CSM di Rimini

Sotto la spinta degli scritti di Goffmann, Laing e Foucault, negli anni Sessanta del XX secolo emerge una generale insoddisfazione nella psichiatria tradizionale fino a portare l’Italia, grazie anche allo spirito riformatore di F. Basaglia, all’emanazione, nel maggio del 1978, della legge n. 180, la cosiddetta “legge Basaglia”, la quale chiude i manicomi e riconsegna al malato i suoi diritti di cittadinanza.
Attraverso la 180, viene superata ogni concezione custodialistica della malattia mentale passando dal manicomio alle strutture e ai servizi territoriali che consentono al cittadino di vivere la sua sofferenza psichica mantenendo i legami con la società di cui resta membro. Fino a quel momento l’esistenza dei manicomi veniva giustificata dalla condizione imprevedibile e spesso pericolosa dei soggetti “alienati” la cui figura, sempre più spesso, si affiancava e si confondeva con quella dei delinquenti.
Se è vero che la malattia mentale è il risultato di una costruzione sociale così come lo è la devianza, allora è necessario andare a studiare il contesto sociale in cui avviene, le modalità attraverso cui il processo si compie e i modi di cura e trattamento che l’istituzione e la società stessa offrono al malato. Per questo motivo ho proseguito con una descrizione dei servizi offerti dal Centro di Salute Mentale della mia provincia: il CSM di Rimini, facendo emergere funzioni e disfunzioni alla luce delle teorie di sociologi come Lemert, Scheff e Goffmann.
Essi, compiendo studi sulla devianza e presupponendo un’interpretazione sociale della malattia mentale come allontanamento dalla “normalità”, concludono che la reazione sociale e il controllo sociale hanno un effetto determinante sulla costruzione sociale dell’identità dell’individuo. Il processo di costruzione sociale del malato giunge a compimento nel momento in cui la società riconosce in lui quel ruolo ed egli stesso si identifica come tale.

Metodologia usata:
La decisione di effettuare una frequenza volontaria all’interno del Centro di Salute Mentale di Rimini è stata supportata dall’idea che la maggior conoscenza della sua organizzazione mi avrebbe aiutato a comprendere meglio il percorso istituzionale che ha portato all’emanazione della 180 e l’attuale condizione dei servizi psichiatrici attuali. Lo stage è stato effettuato lungo un periodo di quattro mesi durante i quali ho svolto il ruolo di osservatrice non partecipante, basato soprattutto su osservazioni fatte dentro e fuori la struttura e su colloqui informali con i diversi operatori.
Superato il dubbio che la mia posizione potesse mettere a disagio il paziente o gli operatori stessi durante il loro lavoro, ho continuato ad annotare tutto ciò che ritenevo interessante su un taccuino per poi rielaborare le informazioni.
La possibilità di accedere alla biblioteca del Centro, di girare liberamente all’interno della struttura e di accompagnare e seguire gli operatori nel loro lavoro quotidiano, mi ha permesso di osservare da vicino le funzioni del CSM e le modalità con le quali tenta di realizzare gli obiettivi proposti.

Principali risultati raggiunti:
La nuova proposta di legge Burani Procaccini mette in discussione l’efficacia dei servizi territoriali psichiatrici che, con Basaglia e i suoi collaboratori, hanno segnato uno spartiacque importante nella storia della psichiatria.
Proprio oggi che riaffiora il dibattito socio-politico sulla questione della malattia mentale e del suo trattamento, ritornano attuali gli studi fatti da Lemert, Goffmann e Scheff, alla luce dei quali la nuova proposta di legge parrebbe solamente un ritorno alla psichiatria custodialistica.
L’osservazione condotta circa il lavoro degli operatori del Centro di Rimini, mi ha permesso di capire come oggi viene vista la legge 180, che ormai venticinque anni fa ha riformato il campo della salute mentale, quali sono le lacune che ha lasciato e le prospettive verso le quali ci si propone di andare.
Presupponendo che la gestione della malattia mentale attualmente non è considerata di pertinenza esclusivamente della medicina psichiatrica, ma ritenuta legata al contesto generale e quindi richiede per il suo trattamento un approccio anche “sociale”, ho ritenuto necessario procedere dapprima con una ricostruzione storica della follia, proseguendo con l’iter politico-istituzionale che ha portato alla legge 180 fino alla materializzazione dei suoi contenuti con la sostituzione dei manicomi e la costruzione dei Servizi Dipartimentali. La descrizione del CSM di Rimini rientra nell’obiettivo di analizzarne le funzioni e di far emergere eventuali disfunzioni nel trattamento delle patologie mentali.

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1 χ χVoglio andare in un manicomio a vedere se la profondità della follia mi spiegherà l’enigma della vita χ χ Soren Kierkegaard Introduzione Lo stigma della “follia” ha assunto nell’immaginario collettivo le forme e le connotazioni più terribili a causa dell’errata conoscenza della realtà della sofferenza psichica, della paura dell’incomprensibile e dell’ “ombra oscura” che tutti portiamo dentro di noi. E’ mio obiettivo analizzare le cause della paura nei confronti della diversità, motivo di pregiudizio, facendo emergere come la società ha trattato fino ai giorni nostri un fenomeno sociale di così grande importanza. Anche per la contemporanea scienza psichiatrica, la definizione della follia si muove tra mille ambiguità: non esiste un razionale consenso sui caratteri della malattia mentale, sulle cause che la provocano e sulle modalità terapeutiche da adottare. Come dice R. Porter “la follia è stata e rimane sempre qualcosa di elusivo” 1 . Il disturbo mentale si manifesta attraverso una serie di comportamenti non paragonabili alla patologia organica e non sicuramente dipendenti in modo meccanico e causale dal cattivo funzionamento dell’organismo, o di qualche sua parte. L’iniziativa di tracciare una breve storia della follia non può che partire dalle modalità con cui la malattia psichica è stata vissuta nel tempo, analizzata e curata e, soprattutto, isolata e custodita. 1 R. Porter, Storia sociale della follia, Garzanti, Milano 1991.

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Informazioni tesi

  Autore: Maura Gobbi
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2003-04
  Università: Università degli Studi di Urbino
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Scienze sociologiche
  Relatore: Chiara Scivoletto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 166

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