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Una legge a tutela della maternità
Una nuova legge stabilisce che la donna lavoratrice deve obbligatoriamente astenersi dal lavoro nei due mesi che precedono la data presunta del parto e nei tre mesi successivi alla nascita del figlio. La donna ha la facoltà di astenersi dal lavoro fino a sei mesi entro il primo anno di vita del bambino; inoltre, se il bambino si ammala, entro i primi tre anni di vita, la donna si può allontanare dal lavoro. La lavoratrice madre non può essere licenziata dall'inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino e fino al terzo mese dopo il parto nel caso di morte del feto o del neonato. Malgrado questa legge possa essere considerata un fiore all'occhiello per il nostro Paese per quanto riguarda la gravidanza e i primi mesi di vita del bambino, essa è da più parti sottoposta a critiche. Sebbene l'indennità venga corrisposta dall'INPS, il datore di lavoro in genere mal sopporta di rimpiazzare la lavoratrice e di addestrare un sostituto. Come pure teme che la lavoratrice, una volta tornata in azienda, sia meno efficiente. Considerazioni simili sono conseguenza del fatto che il peso della cura del bambino continua a ricadere sulle donne. Una questione culturale, ma solo in parte. Gli uomini, guadagnando in media più delle donne, sono meno disposti a rinunciare a giorni e mesi di stipendio.
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