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La seconda versione di Liberalismo socialista
Carlo Rosselli pubblica, con lo stesso titolo, una seconda versione di Liberalismo socialista sulla rivista «La rivoluzione liberale», giusto un anno dopo il primo articolo su «Critica Sociale».
Egli decide di scrivere questo saggio, riprendendo i temi affrontati nell'articolo precedente, per la rivista diretta da Piero Gobetti, per rendere omaggio al primo grande martire del regime fascista, Giacomo Matteotti, il cui assassinio ha suscitato intensa emozione tra le forze antifasciste, nonché profonda indignazione nel paese.
L'ideale liberale ha prodotto una varietà di significati, grazie alla notevole influenza che continua ad esercitare sulla maggioranza delle forze politiche e sociali; infatti, la qualifica di liberale è rivendicata da ogni parte, proprio perché si tratta di un valore imparziale e, contemporaneamente, universale. Il processo di "universalizzazione" della funzione liberale è stato piuttosto lento, giacché, con il termine "liberale", fino all'evento storico della Rivoluzione francese, s'indicava una classe sociale ben definita, che si è particolarmente distinta per la dura opposizione agli "assolutismi" delle autorità statali ed ecclesiastiche. «Ma col definitivo tramonto delle ideologie assolutistiche» si è diffuso «un minimo comune denominatore liberale» e si è affermata una mentalità di comune rispetto per gli ideali liberali e democratici, che si concretano attraverso «il meccanismo rappresentativo», mediante il quale s'esprime la volontà popolare.
Carlo Rosselli specifica, in questa seconda versione di Liberalismo socialista, che i compiti del liberalismo non si limitano ad una piattaforma statica di regole, dal momento che esso è un ideale «da considerarsi [...] in continuo divenire, in via di perpetuo rinnovamento e di perenne superamento delle posizioni già acquisite. Il contenuto concreto del liberalismo muta nel tempo; quel che è fondamentale è lo spirito, la funzione immortale, l'elemento dinamico e progressista insito in esso». L'antitesi evidenziata nell'articolo di «Critica Sociale», fra sistema e metodo liberale, premessa indispensabile della teoria di Rosselli, è riproposta sulla rivista diretta da Gobetti, attraverso la constatazione di come in pratica, s'oppongono le principali fra le correnti del liberalismo, da una parte «stanno i seguaci del sistema inteso come una somma di dati principi economici, giuridici e sociali, sui quali si regge lo Stato moderno» e la struttura liberista e borghese; dall'altra si sostiene il metodo, concepito come «complesso di regole di giuoco che tutte le parti in lotta si impegnano di rispettare in quanto servono ad assicurare [...] la pacifica convivenza dei cittadini e delle classi».
Il metodo liberale, inoltre, è garanzia di un patto legale e civile fra le forze sociali, che si afferma tramite il principio della sovranità popolare, il sistema della rappresentatività parlamentare, il rispetto sacro dei diritti delle opposizioni e delle minoranze e la repulsione d'ogni forma di dittatura e violenza.
In sostanza con l'indicazione di queste regole, Rosselli smentisce una possibilità di contrapposizione, fra il liberalismo e la democrazia, anzi sostiene una loro stretta interdipendenza dove «la seconda non è che il logico sviluppo del primo, e il primo non sussiste [...] senza la seconda».
Stabilite le necessarie premesse sul concetto di liberalismo, Rosselli esamina il rapporto fra il liberalismo stesso, le masse popolari e il movimento operaio e socialista, a questo punto inevitabile se si considera il valore liberale un bene comune e non patrimonio di classi di élites. Egli afferma che l'azione liberale, affinché non diventi «pura astrazione», sia tale solo se è azione "socialista", di massa, solo se la funzione liberale e libertaria invada e coinvolga le associazioni politiche e sindacali, i movimenti operai e socialisti, ma in genere le minoranze, le opposizioni, i gruppi sociali più deboli che abbisognano di maggiore libertà e autonomia. L'azione politica del movimento socialista può, nello stesso tempo, legittimamente definirsi "liberale", essendo l'erede di quella funzione universale che la borghesia capitalista ha ormai abbandonato, anche se non si può certo affermare che di questo compito il moto socialista sia stato sempre «degno e consapevole» interprete, giacché la tradizionale dottrina marxista non escludeva, per il perseguimento delle sue finalità, il metodo violento e insurrezionale della lotta di classe.
Rosselli insiste sulla compatibilità fra socialismo e metodo liberale, per favorire la quale, occorre che il moderno movimento socialista si svincoli dal «vecchio bagaglio dogmatico che [...] impaccia il cammino»; inoltre, a suo parere, è necessario creare quelle condizioni di sviluppo e di progresso tali per l'integrazione liberale e morale del movimento stesso, il cui avvenire prescinde dalla tradizionale caratterizzazione prevalentemente scientifica ed economica che, ammette Rosselli, fu forse necessaria «perché è assai difficile, per non dire utopistico, andare cianciando di morale, di valori spirituali, di doveri, achi soffre la fame in un tugurio». L'iniziale propaganda socialista si distinse soprattutto nel settore economico, a causa delle precarie condizioni sociali delle masse operaie, che lottavano quotidianamente contro la miseria, ma con il raggiungimento di una certa stabilità economica, è possibile, secondo Rosselli, allargare il raggio d'azione della politica socialista, completandola con l'inserimento di quei valori morali, d'autonomia spirituale e politica, in maniera tale che l'emancipazione del movimento operaio stesso si concreti in senso integrale.
Non merita di essere trascurata la fine dell'articolo in questione, innanzi tutto, perché riporta un mero atto di fede nell'ideale socialista da parte dell'autore, infatti, egli s'esprime nel seguente modo: «io non credo alla dimostrazione scientifica del socialismo; non credo di possedere la verità assoluta; non intendo inchinare la fronte a dogmi, non mi illudo di avere in tasca la chiave dell'avvenire. Sono socialista per un insieme di principi, di esperienze, [...] per coltura, per reazione, ma anche [...] per fede e per sentimento».
Il secondo motivo di rilievo degli ultimi tratti dello scritto giovanile in questione, è l'ammissione e, allo stesso tempo, il rammarico di Carlo Rosselli nel costatare l'assenza ingiustificata, in Italia, di un vero e proprio movimento socialista dai requisiti liberali, indispensabili proprio durante il ventennio della dittatura fascista, la cui opposizione non è stata per nulla vana ma gloriosa, infatti, non è «mero caso che proprio dalle file socialiste provenga [...] uno dei martiri più puri della libertà: Giacomo Matteotti».
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