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La legge Berti sul lavoro dei fanciulli
La legge n. 3657, sul lavoro dei fanciulli negli opifici, nelle cave e nelle miniere, costituisce il primo rilevante esempio, in Italia, di legislazione sociale, intesa come l'intervento dello Stato nella contrattazione privata e nella pratica dei rapporti tra imprenditori e operai.
Questa legge (integrata dal regolamento di attuazione) fissa a nove anni l'età di ammissione al lavoro, proibisce il lavoro notturno solo per i minorenni di dodici anni e regola il lavoro delle donne negli opifici.
La legge (che dal nome del suo presentatore prende il nome di legge Berti), di fatto, non troverà applicazione per la mancanza dei necessari presupposti economici e politici. La situazione politico–sociale favorevole a un più intenso intervento dello Stato a tutela della classe lavoratrice maturerà in Italia solo all'inizio del secolo ventesimo, con l'organizzazione di adeguate associazioni sindacali e con l'affermarsi sempre più deciso di partiti politici permeati di principi sociali ispirati alle concezioni proprie del cattolicesimo progressista dell'enciclica Rerum Novarum e del socialismo laico.
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