Differenze Greco – Romane
Come mai avvengono questi cambiamenti e una cosa da brutta diventa bella?
È un processo che si autoalimenta in base alle guerre, al mercato, alla veicolazione dei fatti culturali legati a una singola vicenda.
Tutto quello che concorre ad essere da noi percepito finisce per essere per noi condizionante.
In passato era tutto molto lento e il tempo di assimilazione era molto esteso. Basta pensare alla rivoluzione che accade quando l’imperatore Costantino, attraverso l’editto di Milano, non combatte più il Cristianesimo ma afferma che possiamo tollerare all’interno della nostra gerarchia di fede il Cristo.
Il concetto è: metto il Cristo nella dimensione della divinità e consento il culto di Gesù Cristo e quindi della religione cristiana, che affermava: Io sono l’unico Dio gli altri non possono essere considerati alla stregua di Dio -> questo attaccava gli elementi basilari della quotidianità.
Non bisognava più pregare l’imperatore ma questo Dio che non si poteva vedere e con cui non si poteva parlare, imponeva un rapporto fatto di spiritualità, di culto.
Ecco perché evolve il gusto, perché ci sono segnali che arrivano e cambiano il nostro rapporto con l’esterno.
L’arco viene assunto come logo dell’architettura romana.
Esso si associa al muro o a un suo derivato (pilastro). Strutturalmente è assolutamente verificato a tutte le conseguenze pressorie dall’alto, perché tanto più ho peso dall’alto e lateralmente, tanto più quella struttura è inattaccabile.
Mentre quando parliamo di ordine architettonico dobbiamo subito associare l’ortogonalità, quando parliamo di arco dobbiamo associare il muro, cioè una massa compatta da cui è stato ricavato questo spazio. L’oggetto arco si presta a una serie di combinazioni straordinarie, ma non abbiamo detto un’altra cosa importante. Quando si è fatto riferimento al Partenone, e quindi all’architettura Greca, abbiamo detto che è composta da una parte estetica a servizio del pubblico e una legata alla fruibilità, analizzando separatamente il colonnato e il naos.
Questo in architettura romana non esiste più perché non ci sarà un primo piano riservato all’estetica e un secondo piano riservato alla fruibilità perché è proprio il muro che assorbe queste due cose. Esso non demanda a un’altra entità ma assorbe i due aspetti dentro di sé, facendo delle 3 funzioni dell’architettura una sola dimensione contenuta nel muro.
I romani assorbono le invenzioni dei greci e le rimescolano inventando nuovi giochi. Capiscono l’importanza dell’ordine architettonico e sanno che è un criterio di distribuzione delle linee fondamentale. Non rigettano l’ordine dei greci ma contemporaneamente questo ordine architettonico non può avere la prevalenza sul sistema rivoluzionario che l’architettura romana propone. Ricercano un ordine che deve essere accomunato con gli archi, quindi un sistema ordine + arco.
Nel Colosseo ogni livello ha il suo ordine architettonico, ma dentro il sistema delle colonne e dell’architrave entra un arco. Così al 1°, al 2°, al 3° livello è come se ci fosse un rettangolo dentro cui è inscritto un arco. Si ripete per tutta la verticalità del Colosseo ma con ordini diversi: 1° dorico, 2° ionico, 3° corinzio, 4° cieco che serviva per tirare il velario (coprire in caso di forte sole o pioggia).
Sistema ordine + arco è un cantiere aperto dai Romani che viene poi assorbito da tutte le generazioni. Vedremo quando è importante questo sistema per gestire la verticalità dell’edificio.
In architettura romana non si può disgiungere l’arco dal muro, è il motivo da cui discende tutto l’inventario dell’architettura romana.
Non possiamo non considerare il trattato di Vitruvio, finito di scrivere alla fine del I secolo a.C. Il suo latino è complesso perché influenzato da altre lingue. Ci sarà una battuta ferocissima di Alberti che scriverà dopo 15 secoli il trattato di architettura dove dice che i latini credono che Vitruvio sia stato greco, quelli di madrelingua greca credono sia stato latino. Proprio perché Vitruvio usa diverse terminologie che erano difficili da comprendere si sentì il bisogno di tradurlo in volgare e di glossarlo. Accanto alla traduzione ci sono dei commenti chiamati glosse. Ma il punto è proprio perché Vitruvio si era rivolto alla storia dell’architettura dai più remoti ai romani. Ma se scrive del I secolo a.C. può guardare indietro, per cui quando accade la stagione dell’architettura romana (dall’anno 0 a Costantino III – IV secolo), di tutto ciò che accade in quei secoli dopo, Vitruvio non avrebbe mai potuto scriverlo.
Quindi se noi guardiamo l’architettura romana, e ci concentriamo prevalentemente sull’architettura imperiale, e guardiamo con Vitruvio che ci fa da guida non riusciamo a capire niente, perché quello che dice Vitruvio è esattamente quello che accade prima non quello che accadde dopo. Vitruvio è stato assimilato ma per andare avanti, per dimenticare per certi versi Vitruvio e quindi per proporre soluzioni assolutamente innovative rispetto a quello che dice lui.
Questo scarto fra il grande testo teorico di Vitruvio e la grande architettura di età imperiale è il tema che affascina gli uomini del Rinascimento. Poiché dal 1400 in poi in Italia leggono questa differenza e studiano il rapporto che passa fra le categorie rigide di Vitruvio e queste dinamiche elastiche che accadono dopo l’età imperiale. Lui dice una cosa loro ne fanno un’altra, non avrebbe mai potuto immaginare il Pantheon o gli anfiteatri, parla di teatri.
L’età imperiale è un’età di grande sperimentazione, di invenzione, dove non si guarda al passato venerandolo.
Dinanzi alla grande innovazione siamo quando affrontiamo l’episodio straordinario, unico al mondo, che è il PANTHEON:
Di Adriano (anche se non è certo). Progettato da lui e che lui stesso usava quando si trovava a Roma, amava l’architettura e nella sua storia da imperatore raccoglie input che stabiliscono un nuovo lessico dell’architettura.
Non era stato pensato come lo vediamo. L’architettura si accompagna a una grande emozione quando di fronte ai nostri occhi ci fa vivere un’emozione inattesa.
Nel Pantheon l’effetto straordinario era che era anticipato da un grande atrio, una superficie aperta di forma rettangolare alla quale si accedeva attraverso un portale ottenuto in asse all’ingresso del Pantheon. Lungo questo atrio c’era, a metà percorso, un arco trionfale che ribadiva il concetto di marcare l’asse di simmetria -> termine tecnico = è un asse che divide in 2 il corpo architettonico, quello che c’è a destra c’è a sinistra, possiamo anche parlare di asse di mezzeria.
Chi entrava dalla città in questo cortile vedere questo arco e soprattutto il pronao -> elemento classico dell’architettura già greca ma anche romana. Il pronao era definito da queste colonne e dal timpano, che stava sulle colonne. Chi arrivava non aveva la percezione ottica, idea di cosa ci fosse dopo, era convinto che ci si trovasse nuovamente dinanzi alla classica soluzione templare dei greci.
L’effetto di sorpresa avviene quando entrando nel pronao e percorrendolo ci si trovava dinanzi a una struttura enorme (42 m di vuoto a destra e sinistra e 42 m tra pavimento e altezza). La sorpresa è per le dimensioni e la forma, non era mai visto uno spazio circolare con una pseudocupola che per la metà si muoveva nello spazio. Giocava questo effetto d’impatto visivo anche l’effetto di illuminazione naturale che proveniva solo dal vuoto centrale aperto di 6 metri da dove passava di tutto.
Le pareti verticali del cerchio hanno in tutto uno spessore di 6 m che però non sono costanti ma svuotati dall’interno, attraverso nicchie o cappelle, e dall’esterno. Questo perché si era convinti che i muri non potevano essere tutti spessi altrimenti una volta che si inzuppavano di acqua non si asciugavano più. In questi 6 m, sull’appoggio in cima alla testa del muro, erano stati articolati dei criteri anulari d anelli fatti con pietra e malta che, partendo dalla base, si andavano chiudendo progressivamente verso il centro per trovare sempre un appoggio che si andava via via chiudendosi. Quando si chiudevano di più si usava la pietra pomice, quando si arrivava alla fase finale, per tenere strutturalmente questi anelli concentrici, l’ultimo anello era un specie di cordolo che funzionava come una chiave che bloccava la successione di anelli.
La misticità del luogo è legata alla finitura di questo interno. Adriano aveva voluto, per definire le cappelle, le pavimentazioni, gli spazi, dei marmi dall’oriente di colore oro, giallo, verde, blu, che era importante per definire questa superficie. L’effetto che si raggiungeva nella sintesi, nella percezione, era di grande effetto. Adriano lo usava per ricevere personalità importanti.
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Dettagli appunto:
- Autore: Debora Neri
- Università: Università degli Studi di Messina
- Facoltà: Scienze Umanistiche
- Esame: Storia dell’Architettura
- Docente: Nicola Aricò
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