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Phoudon: Il sistema delle contraddizioni economiche


Le contraddizioni caratteristiche del sistema di produzione fondate sulla proprietà privata sono la necessaria premessa per l’instaurazione dell’associazione nella quale i lavoratori sono liberati dalle forme di asservimento e di dominio connessi alla proprietà.
Il lavoro esprime l’umanità dell’uomo nel senso che è l’energia mediante cui l’uomo crea il suo mondo umano, nei suoi valori, principi ed istituzioni. Il lavoro è la più alta manifestazione della vita, intelligenza, libertà. L’uomo è lavoratore cioè creatore e poeta.
Le contraddizioni dell’organizzazione economica devono essere ricondotte alla contraddizione che caratterizza la natura dell’uomo e che la religione ha espresso nel dogma del peccato originale. Questa contraddizione è il presupposto dell’individualità, della personalità e libertà che sono i principi costitutivi del nuovo ordine sociale: le contraddizioni economiche sono le forme storiche proprie dell’economia capitalistico-industriale e come tali destinate ad essere risolte. Se così fosse l’individuo sarebbe risolto nella società, perdendo la sua personalità e libertà.
La prima contraddizione si manifesta nel modo in cui si perviene alla determinazione del valore dei beni prodotti: tale valore scaturisce dal rapporto tra il valore d’uso, determinato dall’utilità del bene e del valore di scambio, determinato dalla permutabilità dello stesso bene con altri beni. Quanto più aumentano i beni e quindi le utilità, tanto più diminuisce il loro valore di scambio e quindi i loro prezzi con grave danno dei produttori. Quando invece i beni si riducono o vengono limitati aumenta il lor valore di scambio con danno ai consumatori.
Un’altra contraddizione è nel principio della divisione del lavoro: grazie a tale principio gli uomini perfezionano e rendono più produttivo il loro lavoro aumentando in notevole misura i beni a loro disposizione. Ma quanto più l’attività dei produttori è ridotta a poche semplici operazioni tanto più l’operaio vede ridotte le sue capacità intellettuali. Sulla base della divisione del lavoro la società si articola in diverse categorie e classi sociali che finiscono poi per istituzionalizzare le distinzioni sociali.
Le macchine hanno aumentato le capacità produttive del sistema economico, abbassando i costi di produzione e consentono di mettere a disposizione della società una grande quantità di beni. La macchina libera l’uomo dalla fatica ma crea disoccupazione, riduce i salari crea eccessiva produzione.
La libera concorrenza è necessaria per determinare il valore dei beni ma deve applicarsi anche al lavoro e ai salari. Solo per mezzo di essa, quanti partecipano al processo produttivo diventano pienamente responsabili dell’attività che svolgono e si impegnano a conseguire il miglior risultato. Se si abolisse la concorrenza e si garantissero a tutti lavoro e salario gli effetti sarebbero negativi: ci sarebbe la caduta della tensione lavorativa, riduzione della produttività che ridurrebbe il valore reale dei salari.
La libera concorrenza pone l’esigenza della sua disciplina che è rappresentata dal monopolio che regoli i prezzi e la produzione. Ma il monopolio finisce per moltiplicare le contraddizioni.
L’organizzazione politica ha il compito di intervenire nelle attività che non possono essere assunte dal singolo ed assolve alle esigenze di carattere pubblico. Ciò significa far partecipare tutti e quindi la maggioranza dei non abbienti ad una serie di benefici ai quali non potrebbero accedere con i loro scarsi redditi. Lo stato ha come fine il riequilibrio delle condizioni sociali, la garanzia della sicurezza e della difesa dei deboli nei confronti dei potenti mediante leggi e provvedimenti che aiutino e sostengano le classi lavoratrici. Ma nello stesso tempo il potere si trova legato agli interessi del capitale e della proprietà perché istituito dal sistema economico e coinvolto nelle lotte tra i lavoratori e quanti detengono i mezzi di produzione.
Le riforme politiche hanno una scarsa incidenza sui problemi sociali che sono connessi alle contraddizioni del sistema economico. Occorre una riforma del modo di produzione che sia promossa dalla classe lavoratrice, il proletariato.
È in polemica nei confronti dei sistemi socialisti e collettivisti proposti da Owen, Saint-Simon e Marx perché in queste concezioni i lavoratori rivestono una funzione passiva e si trovano soggetti ad un apparato statale che finirà per riproporre le vecchie contraddizioni. Occorre che i lavoratori diventino i veri soggetti attivi di questa opera di trasformazione della società e del sistema produttivo per poterlo dirigere e amministrare in autonomia e indipendenza. Solo in queste condizioni potrà darsi attuazione ad un ordine sociale in cui sia valido il principio che il lavoro costituisca la misura che consente di rendere proporzionali tra loro i valori dei prodotti sì che la distribuzione della ricchezza possa avvenire sulla base della mutualità realizzando l’uguaglianza e la libertà tra i consociati.

Tratto da STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE di Filippo Amelotti
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