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Mazzini: il comune e lo stato


L’intimo nesso intercorrente tra nazione e popolo è la premessa della democrazia repubblicana come l’unica forma di governo che consente di attuare i principi costitutivi della nazione. La monarchia e l’aristocrazia sono un principio di autorità estraneo al popolo, che fonda la propria legittimazione e superiorità in una tradizione storica definitivamente esaurita: la monarchia finisce per strumentalizzare lo stato per propri fini di potere cercando di annullare o limitare la partecipazione del popolo all’amministrazione della cosa pubblica. Nella democrazia repubblicana invece gli individui sono liberi, indipendenti ed uguali perché non ci sono più ordini o situazioni privilegiate che impediscono la partecipazione al governo della società. Esso si fonda sulla rappresentanza nazionale eletta a suffragio universale.
Mazzini accoglie l’ordinamento costituzionale fondato sulle libertà politiche e civili di parola, coscienza, stampa, associazione; sulla tripartizione dei poteri; sul principio elettivo delle cariche più importanti dello stato.
Nella democrazia repubblicana si realizza una continuità di intenti e attività tra popolo e governo che diventa una proiezione della volontà popolare. C’è una intesa sui fini e mezzi tra popolo e governo. Il principio del dovere con la spontanea adesione dei cittadini alla legge morale, eguaglia governo e governati, sottopone il comando e l’obbedienza ad un’unica suprema norma, fonda tutti i diritti sulla coscienza del dovere. Morale e politica si compongono in una vera armonia.
La repubblica è per lui uno stato unitario in quanto è espressione dell’unità politica che promana dall’unità della nazione e del popolo.
Rifiuta il centralismo amministrativo come uno dei più efficaci strumenti di dispotismo ministeriale che ripropone nella sostanza i vecchi metodi del governo autoritario. Tra l’individuo e la nazione sussiste il comune: solo questo e la nazione sono i due elementi naturali di un popolo, tutti gli altri enti e istituzioni sono artificiali, posti in essere dalla società per rendere più agevoli le relazioni tra la nazione e il comune.
Il rapporto tra nazione e comune fondato sull’autonomia comunale è costitutivo dello stato repubblicano che si struttura di conseguenza su un ampio decentramento amministrativo articolato su larghe autonomie locali, che consenta il libero svolgimento di tutte le forze sociali.
Al comune riconosce un’ampia sfera territoriale che consente ad esso di reperire mediante tributi le risorse finanziarie atte a garantire la sua autonomia di potere svolgere una politica di integrazione tra città e campagna. Tra il comune e lo stato riconosce una sfera amministrativa intermedia, la regione.
Lo stato italiano deve essere organizzato su 12 regioni comprendente ciascuna circa 100 comuni con almeno 20.000 abitanti. Il territorio comunale è suddiviso in distretti e tutti gli organi del governo locale sono elettivi. Allo stato spetta la formulazione del fine della comunità nazionale; ai comuni compete la pratica applicazione di tale fine.

Tratto da STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE di Filippo Amelotti
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