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I Discorsi di Machiavelli


I discorsi svelano l’anima repubblicana di Macchiavelli. La preoccupazione fondamentale è di dimostrare sulla base di quali ordini politici e mediante quale precettistica sia possibile fondare e conservare uno stato che abbia come principio primo il suo ordine politico e la libertà del popolo. Il pessimismo che caratterizza il principe nei confronti dell’umanità si converte in una concezione positiva in quanto i molti diventano un soggetto attivo e sono considerati come popolo.
La cacciata di Piero de Medici, la repubblica Savonarola, quella oligarchica di Pier Soderini e il ritorno dei Medici del 1512 dopo al sconfitta dei francesi a Pavia sono le vicende che fanno sfondo all’elaborazione delle sue tesi. I discorsi vogliono studiare i motivi per cui il contrasto tra nobili e plebei, tra senato e popolo, che caratterizzò la storia di Roma, invece di condurre come Firenze lo stato alla rovina, fu la causa determinante della sua grandezza. Al popolo bisogna affidare i poteri necessari per difendere la libertà contro i tentativi dei grandi ci instaurare un regime oligarchico. Il vivere libero è l’ideale politico supremo che deve immedesimarsi col popolo.
Il popolo è in grado di garantire una stabilità politica superiore a quella del principato. Il popolo è meno diffidente del principe nei confronti dei cittadini che con la loro attività politica hanno acquistato grandi meriti nei confronti dello stato. È anche meno ingrato. La repubblica rispetto al principato offre più garanzie di fedeltà ai patti sottoscritti.
Se il Principe studia i problemi che si pongono intorno allo stato potere, allo stato-forza, i Discorsi trattano problemi inerenti allo stato comunità: la forza politica non è più lo strumento di cui si serve il principe per conquistare e mantenere lo stato ma viene vista in questo caso nella sua genesi: si cerca di capire cosa sia la forza per individuare il rapporto tra questa e lo stato-comunità, come la forza si genera nella società politica: promana dalla virtù di cui sono capaci tutti i componenti della stessa comunità.
Il concetto di virtù nei discorsi non solo implica la capacità di saper agire con prudenza e fermezza sul piano politico ma indica anche la capacità di saper disciplinare i propri comportamento nell’ambito della comunità ai fini del bene dello stato. Nel Principe lo stato è formato per opera del principe che lo forma a sua immagine e somiglianza e il popolo è soggetto puramente passivo. Nei Discorsi lo stato si genera da se stesso, nasce e si forma nella storia.
L’organizzazione dello stato-comunità si struttura in 3 livelli tra loro connessi: costumi, leggi e ordini. Gli ordini sono le fondamentali istituzioni politiche sul quale si basa la costituzione dello stato. Ordine si riferisce al modo in cui viene esercitato il potere cioè al diverso grado di partecipazione del popolo e dei nobili all’amministrazione del potere e il modo in cui venivano assegnate le cariche pubbliche.
Il popolo come anche il principe devono essere costantemente disciplinati e raffrenati dalle leggi. È il sistema delle leggi che garantisce la libertà e soprattutto la sicurtà. Il potere del principe incontra limiti precisi nel sistema delle leggi.
I costumi sono il vero fondamento dell’organizzazione statale in quanto è in essi che si esprime quella virtù che consente a tutti i consociati di partecipare alla vita della collettività con consapevolezza dei fini comuni. Il senso della comunità si radica e si esprime nella religione, nelle forze con cui si realizza il culto divino.
La religione è essenzialmente timore di Dio, quel timore che è il presupposto dell’obbedienza alla legge e al comando dei magistrati, il fondamento della fede sia privata che pubblica. Con la religione gli uomini passano dal piano della ferocia a quello dell’umanità civile che sola consente una vera società politica.
L’ordine politico insieme come insieme di ordini e leggi si fondano sul sentimento religioso della collettività. L’autorità di Dio è il principio di legittimazione di tutte le leggi umane e fi tutte le altre attività umane. Man mano che la religione si depotezia nella società, la forza che si esprime nel potere deve crescere e aumentare la pressione sui soggetti sino a diventare assoluta. Quando si sostituisce al timore di Dio il timore degli uomini, i governi hanno una breve durata.
La virtù politica di cui fu capace Roma scaturisce dalla religiosità di cui fu capace il popolo romano. Essa consente all’uomo il massimo della concentrazione, è il presupposto di ogni forma di autodisciplina e pertanto della costanza di saper mantenere l’impegno di anteporre il bene della comunità a quello privato. La religiosità toglie l’uomo alla sua naturale inclinazione alla dispersione, al disordine, incertezza, egoismo. Preserva il popolo dalla corruzione che si determina allorchè non si avverte più l’importanza dei valori etico-civili e diventano invece preminenti gli egoistici interessi dei singoli. La cura principale delle repubbliche e dei principi consiste nel mantenere incorrotta la religione in quanto dalla sincerità, dalla purezza, dipendono le virtù politiche del popolo, i buoni costumi, ordini, leggi.
La corruzione che caratterizza la politica italiana dipende dalla corruzione della religione, conseguenza del comportamento scandaloso del clero e della chiesa romana, che essendosi allontanata dai valori cristiani ha provocato un diffuso scetticismo e irreligiosità, causa di quella totale assenza di valori etico-civili della società italiana che è il presupposto della corruzione che ha reso gli italiani servi dello straniero.

Tratto da STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE di Filippo Amelotti
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