La guerra archidamica (431-421)
Subito si delinearono due colazioni, da una parte Atene con la sua Lega di Delo, dall’altra Sparta con la Lega del Peloponneso (le parti non colorate sono quelle che rimasero neutrali). Furono gli spartani a muovere per primi: guidati da re Archidamo (dai cui deriva la denominazione di guerra archidamica attribuita a questa prima parte del conflitto), mossero via terra contro Atene invadendo l’At-tica, già abbandonata dagli ateniesi.
Il piano di Pericle era di evitare in ogni caso inutili battaglie campali contro il forte esercito spartano: sfruttando le lunghe mura volute da Temistocle tutta la popolazione contadina era stata rifugiata tra Atene e il Pireo, mentre la supremazia sul mare assicurava l’arrivo costante dei rifornimenti di cui la città aveva bisogno. L’economia mercantile di Atene non subiva quasi alcun contraccolpo dalla perdita del suo contado, mentre per Sparta il mantenimento dell’assedio sarebbe alla lunga diventato un costo insostenibile. Tanto più che mentre le forze di Sparta erano pericolosamente immobilizzate nell’Attica, la flotta ateniese scorrazzava per tutto il Mediterraneo ed in particolare devastava le coste del Peloponneso.
Il piano sarebbe forse riuscito se dopo il primo anno di guerra la sovrappopolazione ad Atene non fosse sfociata in una terribile epidemia di tifo petecchiale che fece strage fra la popolazione, che presa dall’ira accusò lo stesso Pericle, pentendosene tuttavia quasi subito e richiamandolo nuovamente al potere. Non servì: il grande statista morì anch’egli pochi mesi dopo a causa dell’epidemia; correva l’anno 429 e per Atene non fu un momento facile.
La guida politica della città fu assunta da Cleone, esponente della democrazia radicale e fautore di una decisa continuazione della guerra. Di lui Aristotele dice che arringava le folle con linguaggio volgare e spregiudicato, ma fu un buon generale: sedò con forza le rivolte scoppiante all’interno della Lega di Delo e occupò l’isola di Sfacteria facendo prigioniero il contingente spartano che la difendeva (425). Fu uno smacco per l’orgoglio militare di Sparta, che reagì conquistando le colonie ateniesi della Grecia settentrionale. Morì nel 422, scontrandosi in battaglia contro Brasida, il miglio generale spartano, anche lui perito nel combattimento di Anfipoli (vedi mappa pag. seguente).
Entrambe le potenze erano sfinite: la guerra continuava da ormai dieci anni e aveva seminato distruzioni in tutta la Grecia senza produrre ancora nulla di risolutivo. Minacciata da una rivolta degli ioliti Sparta propose la pace e Atene - dove la morte di Cleone aveva portato al potere l’aristocratico Nicia - accettò immediatamente, firmando la pace che porta il suo nome (Pace di Nicia, 421), la quale fra l’altro comprendeva anche una collaborazione fra le due città nel caso di rivolte degli schiavi in una di esse.
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