La conquista romana della Grecia
Tuttavia anche questa ennesima dominazione macedone era debole; innanzitutto perché costruita sulla base di un sodalizio di classe per cui i macedoni si prestavano a fare i gendarmi per contro dei latifondisti greci, e in secondo luogo perché gli Etoli, battuti ma non sconfitti, aspettavano solo l’occasione buona per ribellarsi ed estendere la propria area d’influenza.
E l’occasione buona si verificò nel 210, quando Roma inviò una squadra navale nell’Egeo per sobillare la rivolta in Grecia, in modo da impedire ai greci-macedoni di intervenire in aiuto di Cartagine. Si trattò - se si esclude una campagna contro gli Illiri che tempo prima era valsa a Roma l’Albania - del primo intervento militare romano nella penisola greca. Ad ogni modo gli Etoli risposero immediatamente all’appello di Roma e si volsero contro Demetrio l’Etolico. Ne seguirono cinque anni di guerre ed una nuova pace nel 205, praticamente identica alla precedente. (Consideriamo qui che Taranto e Siracusa erano già cadute circa un decennio prima, senza ricevere aiuti dalla madrepatria se non quelli limitati portati da Pirro; ciò dimostra quanto ormai il sentimento nazionale si fosse affievolito in Grecia).
La seconda guerra romano-macedone ebbe luogo nel 200 a.C., quando il console Galba sbarcò le sue legioni nella testa di ponte albanese. Subito gli Etoli ridiscesero in guerra affianco ai romani e così fecero, poco a poco, anche tutte le polis e le confederazioni greche, che stoltamente vedevano i romani come liberatori. La Macedonia, rimasta sola, fu vinta nella decisiva battaglia di Cinoscefale (197) e costretta ad una pace in cui rinunciava a tutti i suoi possedimenti greci e a ciò che rimaneva della sua flotta. Subito dopo i romani umiliarono Sparta che, sola fra le polis greche, aveva avuto il coraggio di opporsi. Tuttavia non la distrussero, sfruttandola la sua presenza per mantenere fedeli le altre polis del Peloponneso alla protezione di Roma. Quindi l’anno successivo (196), i romani se ne andarono proclamando libere tutte le polis greche e senza lasciare neppure un presidio.
Ne approfittarono gli Etoli, che cedettero di potersi impossessare della Grecia, anche grazie all’aiuto di Antioco di Siria, che era inimicato con i romani. Ma essi ritornarono e senza difficoltà sbaragliarono l’uno e gli altri costringendo gli Etoli a capitolare e a rinunciare alla presidenza del-l’anfizione delfica. E di nuovo se ne partirono senza lasciare alcun presidio se non la paura che ormai incuteva il loro nome.
Frattanto il nuovo re di Macedonia Filippo V moriva, lasciando tuttavia al figlio Perseo una Macedonia compatta e militarmente riorganizzata (178). Cosa che fu subito chiara al Senato romano che incaricò il console Emilio Paolo di muovere guerra (terza guerra romano-macedone). Ed egli vinse, riuscendo anche a catturare Perseo (168). La Macedonia fu divisa in quattro regni tributari e le sporadiche ribellioni che erano frattanto scoppiate in Grecia furono represse con durezza. E di nuovo i romani partirono senza lasciare presidi (del resto i greci ormai privi della Macedonia e sempre divisi fra loro, non potevano rappresentare un pericolo; tanto più che per le classi possidenti greche, Roma era ora ciò che prima era stata la Macedonia, ossia la protezione rispetto alle istanze riformatrici del proletariato).
Scoppiava infatti in quello stesso anno l’ultima significativa rivolta greca (guidata però dalla sola lega Achea), che fu stroncata dai romani con durezza (Corinto fu rasa al suolo e la popolazione deportata). Ciò segnò la fine della libertà dei greci, che avevano il vizio di ribellarsi troppo spesso. La Grecia fu quindi annessa alla provincia romana della Macedonia (146). E con questo si conclude la narrazione degli eventi della storia greca, diventando la storia greca dopo questa data parte di quella del più vasto Impero romano.
L’ellenismo come si è visto è un periodo complesso. Intricate sono le sue vicende storiche, che si perdono entro orizzonti molto vasti: la storia di ognuno dei regni ellenistici, quella della lotta fra greci, cartaginesi e romani in Italia meridionale, quella delle polis greche contro loro stesse e contro la Macedonia nella madrepatria. Per ragioni di tempo abbiamo scelto di affrontare nel dettaglio solo quest’ultimo aspetto.
Ma intricate sono anche le dinamiche sociali e i cambiamenti che si verificano nel periodo ellenistico; da una parte vi è l’estendersi dell’impero romano e dall’altra il dilagare della cultura greca in tutte le regioni dell’ex Impero persiano, con tutte le ricadute politiche ed economiche che l’allargamento del marcato ed i flussi migratori ebbero sulla madrepatria greca.
Ma vi è anche un ultimo aspetto dell’ellenismo che fino ad ora non è stato considerato, ossia il riflesso delle vicende storiche sul pensiero filosofico greco. Esso può infatti essere considerato come l’ultima eredità lasciata dalla civiltà greca al pensiero occidentale. Gli eventi storici dell’ellenismo, la perdita di centralità della Grecia, il superamento della dimensione della polis, il cosmopolitismo, influirono sulla filosofia accentuando quel distacco del pensiero dai temi sociali e politici che erano stati dominati durante il periodo classico e che ora lasciavano spazio ad una nuova concezione, che vedeva l’uomo come una monade isolata dagli eventi esterni. La felicità dentro l’uomo può essere considerato il motto dell’ellenismo e ciò testimonia un atteggiamento di sfiducia in luogo dell’entusiasmo politico e patriottico che aveva caratterizzato il momento più vivo della civiltà greca e che ne costituiva, in verità, la stessa essenza. E con questo si conclude questo lavoro sulla storia della Grecia antica.
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