CGIL, CISL e UIL fra subordinazione e autonomia dai partiti
Le due questioni oggetto del dibattito interno nelle confederazioni fino alle soglie dell'autunno caldo furono, dunque, la questione della programmazione e quella dell'autonomia dai partiti.
Quest'ultima fu presentata più volte come questione inerente la cd "incompatibilità" ossia il principio della netta separazione a tutti i livelli fra cariche sindacali e cariche di partito. Queste due questioni non erano indipendenti l'una dall'altra in quanto la linea da tenere sulla programmazione economica era strettamente dipendente dalla collocazione politica della Confederazione: nella CGIL la corrente maggioritaria era vincolata al maggiore partito di opposizione (PCI) mentre per CISL e UIL era forte il richiamo alla solidarietà con gli indirizzi di governo.
Va tenuto presente che negli ambienti cattolici vicini al sindacato cominciava a farsi sentire il dissenso contro il collateralismo verso la DC. Nel dicembre '64, ad un convegno sui problemi del sindacalismo, il presidente delle ACLI, Labor, parlò di "tensione razionale dei lavoratori cristiani verso un nuovo tipo di unità democratica dei lavoratori": dato che non esistevano le condizioni per realizzare l'unità organica, Labor proponeva l'unità d'azione.
Nella CGIL la questione dell'autonomia si manifestò negli anni '60 come problema di relazione interna fra maggioranza e minoranza: insofferenza della corrente socialista verso la maggioranza comunista legata al PCI, costrinse la dirigenza a mediazioni difficili e a talune concessioni, in particolare quando l'unificazione socialista del '66 sembrò poter modificare lo scenario sindacale italiano.
Per la CISL si trattava, invece, di rompere un legame di dipendenza di tipo governativo.
L'insofferenza delle Federazioni verso la direzione Confederale, però, non solo dalla questione dell'incompatibilità ma anche da altre motivazioni: la macchina burocratica delle Confederazioni ed i condizionamenti politici della direzione confederale erano considerati un ostacolo al libero esplicarsi della forza del movimento.
Il ritorno all'unità sindacale, che rincomincia a comparire più in sede di dibattito interno alle Federazioni che a livello confederale, era percepito come via maestra per superare i vincoli di partito a cui venivano attribuita la responsabilità della divisione dei sindacati e i condizionamenti dal centro.
Per comprendere il problema delle incompatibilità e la difficoltà di trovarvi soluzione, non possiamo limitarci ad analizzare la questione della dipendenza dai partiti. Esistevano, infatti, posizioni individuali da difendere e aspettative di posizioni da conquistare o di possibili esiti di carriera. Inoltre esisteva il rischio di depotenziamento per una confederazione che avesse perso la propria rappresentanza parlamentare.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Cristina De Lillo
[Visita la sua tesi: "Il rapporto fra tecnica e potere: un problema attuale nella riflessione della filosofia politica"]
- Università: Università degli Studi di Bari
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Storia del movimento sindacale
- Titolo del libro: Sindacati e imprenditori. Le relazioni integrali in Italia dalla caduta del fascismo alla concertazione
- Autore del libro: S. Rogari
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