Interdipendenza economica e politica interna
La scelta di uno stato di aprire la propria economia è anche influenzata dalla dinamica degli interessi economici dei vari settori produttivi e da come questi interagiscono nella politica interna secondo una visione pluralista della politica. Mentre gli altri aspetti della politica estera di uno stato sono direttamente sotto il controllo del governo, i processi economici dipendono in larga misura da attori sociali privati che possono essere influenzati dallo stato in misura solamente indiretta: i gruppi d’interesse. Anche se il libero commercio porta a una maggiore efficienza complessiva e a un miglioramento del benessere individuale, questo miglioramento non è infatti distribuito uniformemente. Il capitale e il lavoro investiti nei settori competitivi godono di un beneficio immediato all’apertura dell’economia mentre il capitale e il lavoro nei settori che soffrono la competizione internazionale devono essere reinvestiti, passando da una fase temporanea di riconversione che può prevedere la riduzione o cessazione dell’attività.
Olson nella teoria dell’azione dice che questi gruppi hanno sia l’incentivo che l’opportunità di distorcere e catturare la politica commerciale. L’interesse dei gruppi concentrati è più intenso dei gruppi diffusi in quanto i benefici di gruppo sono ripartiti tra un numero minore di partecipanti. Anche se i membri di un gruppo d’interesse avessero un interesse verso un’economia efficiente, i loro interessi come membri del gruppo concentrato tenderebbero a prevalere.
Un’altra distorsione emerge dal fatto che i gruppi d’interesse possono allearsi al fine di controllare meglio le decisioni pubbliche. Secondo la logica del log rolling, ciascun gruppo imporrà le proprie preferenze alla coalizione che potrebbe così avere una maggiore probabilità di successo, al prezzo di una minore coerenza negli obiettivi comuni.
Altre teorie si concentrano sulla capacità dello stato di resistere ai gruppi d’interesse. Ad esempio è stata introdotta la distinzione tra stati deboli e stati forti secondo la quale i secondi sono molto più in grado dei primi di sviluppare una politica economica nell’interesse del paese. Anche se possono cadere vittima dei gruppi d’interesse, i governi democratici devono sottoporsi periodicamente alla prova elettorale, nella quale la maggioranza ha un’opportunità di far pesare la propria voce e devono quindi confrontare le proprie politiche con gli interessi generali del paese.
Gli stati autocratici invece riescono ad evitare il confronto con l’opinione pubblica e possono basare la loro legittimità su strumenti come la propaganda.
Una diversa conseguenza della crescita degli interscambi economici è inoltre l’arrivo di nuovi tipi di attori, le società multinazionali che sono dotate di notevoli risorse economiche e svolgono le proprie attività in molti paesi rendendo impossibile a ogni singolo governo di esercitare controllo su di loro.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Filippo Amelotti
[Visita la sua tesi: "Il Canada e la politica internazionale di peacekeeping"]
[Visita la sua tesi: "I cartoni animati satirici: il caso South Park"]
- Università: Università degli studi di Genova
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Relazioni Internazionali
- Docente: G. Cama
- Titolo del libro: Relazioni Internazionali
- Autore del libro: T. Anrdreatta, M. Clementi, A. Colombo, M. Koenig, V. Parsi
- Editore: Il Mulino
- Anno pubblicazione: 2007
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