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L’impossibilità di considerare il governo provvisorio come rappresentativo dell’Iraq


Conseguente invalidità della sua richiesta della permanenza della forza multilaterale e dell’autorizzazione del Consiglio di sicurezza. L’aspetto più importante della risoluzione n. 1546 riguarda l’approvazione del governo presieduto da Ayad Allawi, la risoluzione approva il governo provvisorio e lo definisce “sovrano” in Iraq.
Tale affermazione è accompagnata da alcune riserve:
* il governo provvisorio sovrano, pur assumendo pienamente la responsabilità e l’autorità a governare l’Iraq deve astenersi dal prendere decisioni che pregiudichino il destino dell’Iraq oltre il periodo transitorio
* la stessa risoluzione riconosce l’incapacità del nuovo governo di controllare effettivamente la comunità territoriale irachena; essa infatti decide che la forza multinazionale abbia autorità di prendere tutte le misure per contribuire al mantenimento della sicurezza in Iraq
Le funzioni sovrane attinenti alla podestà coercitiva sulla comunità irachena sono demandate non al già al governo sovrano, ma alle forze armate di potenze straniere e in definitiva agli Stati Uniti, ai quali spetta il comando unificato di queste forze.
Ma ciò che induce ad escludere che il governo di Allawi abbia una sovranità sull’Iraq è l’osservazione che questo governo, sul piano dell’effettività, non ha alcuna capacità di governare la comunità territoriale, ma si regge unicamente sulla forza, effettiva, violenta e indiscriminata, usata dagli USA. La circostanza che esso inoltre sia stato insediato sostanzialmente dagli stessi Stati Uniti, cioè dallo Stato invasore, contribuisce a togliere a tale governo qualsiasi legittimità internazionale --> esso appare come un “governo fantoccio”.
In ogni caso l’illegittimità del governo iracheno non può considerarsi “sanata” dall’approvazione del Consiglio di sicurezza. Sul piano giuridico il riconoscimento non è idoneo ad attribuire ad un governo la rappresentatività di un determinato Stato, ove questo governo sia privo dell’effettiva capacità di controllare la propria comunità territoriale.
L’aspetto più grave, sotto il profilo giuridico internazionale, della risoluzione n. 1546 risiede nell’autorizzazione alla permanenza della forza multinazionale in Iraq. Il Consiglio di sicurezza sottolinea che il presupposto di questa autorizzazione è rappresentato dalla domanda del governo iracheno. Ma il Consiglio sembra non accorgersi del fatto che non siamo in presenza di un governo legittimo già insediato; e che al contrario è solo la permanente presenza militare straniera che permette al nuovo governo di insediarsi.
Va notato che anche sul piano della responsabilità internazionale degli Stati, è vero che il consenso dello Stato preclude l’illiceità di un atto, ma deve trattarsi di un consenso “valido” e quindi proveniente dagli organi competenti a esprimere la volontà dello Stato.
In assenza di una valida richiesta dell’Iraq la presenza della forza multinazionale resta un’occupazione militare con la quale gli Stati Uniti proseguono l’aggressione contro l’Iraq. Il consiglio di sicurezza non ha il potere di derogare norme cogenti come quella sul divieto di aggressione.
L’atteggiamento del Consiglio di sicurezza di accettazione delle pretese degli Stati Uniti finisce per aggravare ulteriormente la situazione in Iraq. I bombardamenti indiscriminati costituiscono continue violazioni di quel diritto internazionale umanitario che pure gli USA si erano impegnati a rispettare. E dopo lo scandalo di Abu Ghraib giungono inquietanti notizie di trasferimenti fuori dall’Iraq di prigionieri dei quali è tenuta segreta l’identità e persino l’esistenza, in violazione alla Convenzione di Ginevra del 1949 sulla protezione dei civili in tempo di guerra.
La collocazione del Consiglio di sicurezza a fianco degli Stati aggressori mina alla base qualsiasi possibilità, per l’ONU, di svolgere un ruolo significativo nella pacificazione interna dell’Iraq.


Tratto da L'ONU E LA CRISI DEL GOLFO di Alice Lavinia Oppizzi
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