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L’illegittimità dell’autorizzazione alla permanenza in Iraq della forza multinazionale


Il secondo problema che ci si è posti è se la risoluzione n. 1511 possa giuridicamente autorizzare pro futuro le forze multinazionali sotto comando statunitense a restare in Iraq. La risposta deve essere decisamente negativa, queste forze appartengono agli Stati che hanno commesso una guerra di aggressione, la quale si perpetua con l’occupazione militare dell’Iraq che costituisce una fase della guerra.
In presenza di un’aggressione il Consiglio di sicurezza non ha certo il potere di autorizzare che essa si perpetui, lo vietano sia le norme della Carta, che norme inderogabili di diritto internazionale generale.
Riguardo alla Carta basta ricordare che rispetto a un atto di aggressione il Consiglio di sicurezza ha il compito istituzionale di accertare questo attacco e di fare raccomandazioni o decidere misure per ristabilire la pace violata dall’aggressore. In ogni caso è palesemente e gravemente contraria alla Carta una risoluzione che autorizzi la continuazione di un’aggressione.
Se tali considerazioni sembrano già sufficienti per considerare illegittima l’autorizzazione contenuta nella risoluzione in esame, esse sono confermate dal diritto internazionale generale. Il Consiglio di sicurezza deve rispettare in ogni caso le norme imperative di ius cogens, si tratta infatti di norme che si impongono a tutti i soggetti di diritto internazionale comprese le Nazioni Unite. La loro definizione e la loro forza giuridica sono previste nella Convenzione di Vienna del 1969 sul diritto dei trattati e nella Convenzione di Vienna del 1986 sul diritto dei trattati fra Stati e organizzazioni internazionali e fra organizzazioni internazionali. Inoltre è accertato in maniera pressoché universale che un sicuro esempio di norma di ius cogens è quella che vieta l’aggressione.
L’autorizzazione risultante nella risoluzione n. 1511 appare in conflitto anche con il principio di autodeterminazione dei popoli. Esso sotto il profilo “interno” alla vita degli Stati esprime l’esigenza che lo Stato osservi quanto meno i principi fondamentali della democrazia quale il rispetto della volontà popolare. Ma le risoluzioni del Consiglio sembrano trascurare completamente il profilo “esterno” del principio di autodeterminazione dei popoli, in base al quale, nei rapporti tra un popolo e uno Stato straniero che lo opprime, impedendogli di scegliere liberamente il proprio futuro, il popolo in questione ha diritto ad acquistare indipendenza o a riconquistarla, essendone stato privato con la forza.
Anche il diritto al’indipendenza dei popoli che ne siano privati con la forza è considerato una norma internazionale di diritto cogente.
Appare in stridente contrasto con il principio di autodeterminazione dei popoli la scelta politica di consentire all’Autorità provvisoria della coalizione, espressione delle forze occupanti, la designazione dei componenti del Consiglio di governo iracheno e di affidare alla stessa autorità e al Consiglio di governo, da essa costituito, il compito di stabilire il programma per il futuro dell’Iraq.
Il quadro, che sempre più si presenta di generale illegittimità, si completa calla luce delle norme internazionale sulla responsabilità degli Stati, norme che il Consiglio di sicurezza non sembra autorizzato a modificare o sospendere.
Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno l’obbligo di ritirare le loro truppe e gli stati autori dell’illecito sono tenuti a riparare i pregiudizi arrecati alla vittima.

Tratto da L'ONU E LA CRISI DEL GOLFO di Alice Lavinia Oppizzi
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