La prima guerra mondiale in Africa
Alla prima guerra mondiale l’Africa partecipò attivamente: circa 200 mila africani furono inviati a combattere nelle trincee in Europa, altri 300 mila furono impegnati nella contesa per le colonia tedesche in Africa; la necessità di rifornimenti e soldati da parte delle potenze europee provocò carenze di cibo in varie regioni, specie nell’Africa centrale; la spagnola dall’Europa dilagò anche in Africa falciando dal 2 al 5% della popolazione in molte regioni del continente.
Ma tutto questo è nonostante tutto marginale rispetto alle conseguenze politiche che la guerra avrebbe innescato nei riguardi del fenomeno coloniale. Sebbene quella che seguì Versailles fu quasi una nuova spartizione dell’Africa (le colonie tedesche non furono rese indipendenti, ma semplicemente distribuite ai vincitori), dichiarazioni come i 14 punti di Wilson o eventi come la rivoluzione russa, non potevano non incidere a fondo sulla filosofia dell’imperialismo e sulla sua giustificazione morale. Invero la prima guerra mondiale segna storicamente la fine dell’età dell’imperialismo e l’inizio della parabola discendente del colonialismo. La stessa formulazione del concetto del mandato, pur con tutta la sua ipocrisia, testimonia il cambiamento di visione morale nei riguardi del fenomeno coloniale.
Più in generale possiamo dire che sia presso l’opinione pubblica delle democrazie occidentali, sia presso i ceti istruiti di Africani nelle colonie, il colonialismo cominciò ad apparire quale era veramente, ossia un metodo sistematico di sfruttamento dell’Africa. Idee come il fardello dell’uomo bianco o la sua superiorità razziale cominciarono ad essere duramente contestate, e la sanzione del concetto del diritto all’autodeterminazione (che veniva riconosciuto da tutti come valido relativamente al contesto europeo), non poteva non far nascere il sospetto che la sottomissione politica dei neri fosse moralmente sbagliata.
Questo nuovo modo di pensare è importante, perché prima della guerra non passava nemmeno per la testa agli europei che i neri potessero avere altro destino se non quello di essere sottomessi ai bianchi. Si trattava di una cosa talmente scontata e naturale da non dover neppure essere messa in discussione. Solo dopo la guerra l’Europa comincerà a sentire il bisogno di mascherare i domini coloniali sotto l’etichetta dei mandati, e gli africani comprenderanno il loro diritto all’indipendenza e la necessità di organizzarsi per poterla ottenere. Sintetizzando possiamo dire che se anche nella pratica poco o nulla cambiò, il dado era oramai tratto.
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