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La teoria della classe agiata


Ne "La Teoria Della Classe Agiata", Veblen analizza la società americana di fine 800, sostenendo che le attività economiche, nella società moderna, non abbiano motivazioni utilitaristiche. La classe agiata, per distinguersi dalle classi sociali più basse, realizza un consumo superfluo dei beni (vistoso). In questo modo, la classe agiata provoca l'imitazione delle classi inferiori che lo seguono come un modello ideale di vita. Per Veblen, è dunque il confronto antagonistico che ci spinge a superare quelli con cui possiamo classificarci. Non ci troviamo più di fronte a consumatori che soddisfano in maniera nazionale le proprie preferenze, ma a consumatori che dipendono dal giudizio degli altri e cercano di ottenere la loro reputazione e riconoscimento in una continua gara per raggiungere uno status sociale più elevato.
Simmel (1911) per certi aspetti si avvicina all'analisi di Veblen, in quanto attribuisce anche gli importanza ai processi imitativi anche se si concentra perlopiù sui meccanismi di diffusione dei comportamenti di consumo nella società. Prendere in analisi il fenomeno della moda e sostiene che al suo interno operino due principi contrastanti: l'imitazione, come tendenza a conformarsi ai modi di vita altrui, esprime la disposizione umana alla ricerca dell'identità con gli altri; la differenziazione, ossia l'inclinazione a distinguersi dagli altri. L'imitazione sollecita le classi superiori a produrre una continua innovazione del gusto per mantenere le distanze con le classi inferiori. Queste ultime cercano d'altra parte di riappropriarsi del nuovo gusto con l'esito che, non appena ci riescono, quel modello di consumo immediatamente si svaluta, viene abbandonato dalle classi superiori e sostituito con un altro.

Tratto da SOCIOLOGIA DEI PROCESSI CULTURALI di Manuela Floris
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