Compiti del gruppo di lavoro: a tavolino e sul campo
Un gruppo di lavoro può avere due tipi di compiti: “a tavolino” e “sul campo”.
Il lavoro a tavolino consiste nello scambiarsi informazioni, discutere, ideare, progettare. E’ un lavoro comunicativo che si compie all’interno del gruppo. Si ha una funzione preoperatoria, dove si raccolgono informazioni come la raccolta dei dati, e la funzione gestionale per pianificare la riunione e svolgerla in modo efficace. Infine si ha la funzione di controllo finale, con la quale si prende atto dei risultati. Tutte queste funzioni devono essere ben organizzate e gestite nel tempo,
preparate con cura e in anticipo in modo da svolgerle nel migliore dei modi.
Nel lavoro sul campo interagiscono i membri, i soggetti, le culture ed i materiali esterni al gruppo. il lavoro sul campo è dato dall’agire, dal fare, dal costruire qualcosa di concreto. L’organizzazione del gruppo di lavoro è qui essenziale per prevedere le emergenze e compensare l’impossibilità di correzione degli errori. In primo luogo, il successo del singolo è la stessa cosa del successo del gruppo intero. Ognuno deve fare esattamente ciò che è stato deciso insieme, i comportamenti discrezionali potrebbero rovinare la buona riuscita dell’operazione. L’articolazione differenziata dei compiti sul campo deve essere punteggiata da momenti di lavoro insieme a tavolino. È importante il monitoraggio per aggiustare e rafforzare i compiti ed i processi di lavoro.
Fra il lavoro a tavolino e quello sul campo si colloca il processo decisionale. La decisione è una parte importantissima del lavoro di gruppo, ma spesso si verificano delle operazioni da parte dei gruppi di potere che tendono a modificarla. Queste operazioni sono:
Dilazionare la decisione quando si ipotizza una sconfitta-->si vuole ottenere una decisione senza aver ottenuto il consenso: si propone una sospensione o un prolungamento del dibattito perché paralizzare un gruppo è più facile che aiutarlo a procedere. E’ consigliabile decidere prima quanto tempo dedicare al dibattito.
Affrettare una decisione quando si teme l’approfondimento--> è la posizione di chi ha fretta di decidere perché consapevole che un dibattito potrebbe portare ad effetti non voluti: si cerca quindi di cancellare ogni dialogo e decidere nel modo più rapido possibile.
Manipolare i modi di espressione del consenso--> il consenso può essere espresso in modo implicito (ad esempio una mancata risposta immediata ad una domanda) o attraverso l’espressione rituale di ogni membro verso una proposta formalizzata, ma è fondamentale che i termini della proposta vengano compresi da tutti altrimenti i soggetti sono facilmente raggirabili.
Mutare in modo interessato i criteri di presa della decisione-->ogni decisione deve ottenere il massimo consenso possibile. I criteri di decisione vanno scelti insieme, in modo consensuale e nelle prime fasi del lavoro in modo che la decisione sia facile da prendere.
Puntare sempre ad una decisione a somma zero o negativa-->la decisione è negativa (tutti perdono qualcosa) o a somma zero (il risultato è nullo). Sarebbe invece auspicabile ottenere decisioni a somma positiva o largamente positiva in modo da appagare tutti i partecipanti del gruppo.
Modificare o ridiscutere le decisioni prese--> modificare la decisione è un potere riservato alla sovranità del gruppo che ha preso la decisione stessa. Rimetterla in discussione equivale a sminuire tale sovranità.
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Dettagli appunto:
- Autore: Adriana Morganti
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Scienze della Formazione
- Corso: Scienze dell’Educazione
- Esame: Psicologia Clinica
- Docente: Riva
- Titolo del libro: Psicologia di gruppo - Modelli e itinerari per la formazione
- Autore del libro: Guido Contessa
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