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L'habitus in Tommaso d’Aquino - Summa Theologiae

L'habitus in Tommaso d’Aquino - Summa Theologiae


“L’habitus è in un certo modo medio tra la pura potenza e il puro atto. Ma non si può conoscere nulla se non negli aspetti per cui si tratta di qualcosa di compiuto. Poiché allora l’habitus è distante dall’essere qualcosa di compiuto, gli manca la possibilità di essere conosciuto in se stesso, e deve perciò essere conosciuto attraverso le sue manifestazioni. Ovvero: uno capisce di avere un certo habitus grazie al fatto che si rende conto di realizzare qualcosa che è caratteristico di quell’habitus. Oppure analizza la natura e la logica di un habitus analizzandone la manifestazione. Ora, il primo tipo di conoscenza si guadagna avendo un certo habitus che, per il fatto stesso di esserci, dà origine al gesto attraverso cui l’habitus subito è rivelato. Il secondo tipo di conoscenza si ottiene attraverso una ricerca molto accurata.”

Se non vi è la riflessione la mia spontaneità si traduce subito in un'azione. Pensiamo quando siamo indecisi e abbiamo a disposizione del tempo per riflettere tra la scelta di mettere in atto un habitus o un'altra azione. Gli habitus possono essere sia buoni che cattivi, quando faccio qualcosa che mi sento è agire secondo habitus, è la soluzione che ho praticato più spesso, senza riflessione, la morale non c'entra. Bisogna ricordare comunque che si può sempre cambiare, ci vuole solo esercizio e tempo. Sotto la categoria degli habitus stanno i vizi e le virtù.

Tratto da ANTROPOLOGIA APPLICATA di Chiara Trattenero
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