Il sistema corporativo e la promozione di un libero mercato della manodopera
WILLIAM SEWELL chiama idioma corporativista soprassiede tanto all’organizzazione tecnica della produzione che all’organizzazione sociale del lavoro fa del mestiere una proprietà collettiva riservata al numero limitato dei suoi membri.
MICHAEL SONENSCHER nel 700 esiste una fluidità della manodopera da laboratorio a laboratorio e da città a città ma il sistema corporativo continua a impedire la promozione di un libero mercato della manodopera.
Il sistema delle comunità di mestiere è in crisi almeno dal 14 sec quando la maestranza diviene riservata solo ai figli dei maestri. I lavoranti privati della possibilità di accedere alla maestranza formano una sorta di classe di salariati a vita che tenta di organizzarsi per la difesa dei propri interessi con scioperi, i lavoratori tentano di controllare le assunzioni e impongono il ruolo del rotatore che accoglie gli operai per collocarli presso maestri riconosciuti. Altri lavoranti privati della possibilità di diventare maestri tentano di sistemarsi per proprio conto e sono detti “camerali” e vengono perseguitati.
Queste trasformazioni hanno assunto tre forme principali:
1. EGEMONIA DEI MERCANTI SULLA PRODUZIONE: il ruolo dei mercanti è determinante fin dal medioevo in alcuni settori, le principali operazioni sono effettuate da maestri che hanno il loro laboratorio e le loro attrezzature, questi sono dipendenti dai mercati che sono gli unici a poter investire somme ingenti. Questa organizzazione “capitalistica” si è infiltrata nella struttura tradizionale dell’artigianato, le condizioni invece degli artigiani sono ridotte a quelle dei quasi proletari ridotti alla miseria mentre la classe dei mercanti è dominatrice. La struttura artigianale ha ostacolato lo sviluppo di produttori che investissero nella produzione per trasformare la loro impresa e darle un carattere capitalistico industriale.
2. SVILUPPO DI UNA PROTOINDUSTRIA RURALE: l’estensione dell’artigianato rurale che contorna senza distruggerla l’organizzazione tradizionale dei mestieri. I rurali sono disponibili per lavorare per i mercanti della città che procurano la materia prima; si tratta del “putting out system” ossia il mercante fornisce la materia e poi ritira il prodotto finito. Questa forma di subappalto è apparsa nel medioevo e si sviluppa in Inghilterra dal 500 e sul continente nel 700. La proto industria si inscrive nella logica dello sviluppo capitalistico mercantile. L’artigianato rurale presenta molteplici vantaggi perché questi percepiscono salari più bassi degli artigiani urbani, inoltre vi è una debolezza degli investimenti necessarie la possibilità di ammortizzare senza rischi le fluttuazioni del mercato. Queste caratteristiche bloccano lo sviluppo del capitalismo industriale e l’avvento della forma moderna del salariato che si costituirà dalla grande industria. Questi quasi salariati parziali non si iscrivono in una logica di accumulazione capitalistica. Attraverso lo sviluppo dell’artigianato rurale le più isolate campagne possono partecipare allo sviluppo del mercato e della produzione industriale. Lo sviluppo dell’artigianato rurale permette un sovrappopolamento delle campagne l’abbassamento dell’età dei matrimoni e una crescita demografica impediscono la costituzione del proletariato moderno. La relazione fra lo sviluppo della proto industria e l’avvento del capitalismo industriale non è univoca infatti in Inghilterra si produce per prima la rivoluzione industriale perché questo era il paese in cui il putting on system era impiantato da più tempo. Si verifica la rivoluzione quando il mercato dell’artigianato rurale è saturo in Inghilterra; le due caratteristiche principali della “rivoluzione industriale” possono interpretarsi come risposte all’insufficienze della proto industria come il ricorso alla macchina che moltiplica il lavoro al riunire dei lavoratori nella fabbrica che permette una migliore divisione.
3. CREAZIONE DI MANIFATTURE PER INIZIATIVA DEL POTERE REALE: le manifatture reali sono le prime concentrazioni industriali che anticipano le forme moderne di produzione e del tipo di salariato. Queste sono fondate sul privilegio e contraddicono la libertà del lavoro e la concorrenza; il re fonda uno stabilimento che ha il monopolio della fabbricazione di alcuni prodotti o accorda il privilegio della fabbricazione a un provato. Queste hanno il dovere di evitare le importazione e bisogna acquistare prodotti di lusso o militare. Bisogna fondare nuove industrie mentre l0’artigianato risponderà ai bisogni comuni. La manifattura è una struttura gerarchica chiusa, vi regna la disciplina e il personale comprende una piccola élite di artigiani altamente qualificati e un personale sotto qualificato. Il suo periodo di maggiore espansione è coinciso con l’apogeo del mercantilismo; funzionano come istituzioni di lavoro forzato piuttosto che come iniziatrici della libertà di lavoro. Una rottura con il modo di produzione è quella del capitalismo industriale che si caratterizza per il fatto che il produttore stesso accumula i benefici della propria produzione e produce lui stesso per il mercato.
Prima della rivoluzione industriale lavoro regolato e forzato rappresentano le due modalità principali dell’organizzazione del lavoro. Per LAVORO REGOLATO si intende l’insieme delle regolamentazioni dei mestieri.
LOYSEAU nel 11 secolo vedeva una gerarchia di ordini distinti in oratores ossia i chierici, bellatores i signori e “terzo ordine” quello dei lavoratori della terra. Lo sviluppo delle città e della borghesia ha portato squilibrio in questa organizzazione e i borghesi sono i rappresentati dei mestieri. Il terzo ordine sarà rivestito d connotazioni positive quando costituirà il terzo stato. Avere uno “stato” vuol dire avere uno statuto rivestito di disgnità sociale e alcune attività manuali ossia i mestieri costituiscono degli stati. Il terzo stato è costituito dal popolino. Secondo Loyseau tutti i mestieri manuali sono vili, sono degni quelle arti dove il pensiero prende il sopravvento. Il mestiere permette di distinguere gli inclusi dagli esclusi al di fuori dei mestieri vi è lavoro forzato. Per una organizzazione del lavoro dominata dall’obbligo ci sono i “privilegiati del vincolo” le persone dei mestieri. L’assenza di regolamentazioni collettive del mestiere lascia l’individuo solo di fronte a regolamentazioni generali. Le occupazioni che sfuggono alle regolamentazioni dei mestieri sono della polizia dei poveri che comprende la disciplina dei costumi, la conservazione della salute, l’assistenza e la regolamentazione del lavoro per i validi. La polizia deve forzare a lavorare i poveri che non lavorano e il trattamento del vagabondaggio rappresenta la forma limite di questa esigenza. In Inghilterra il sistema dei mestieri è contornato dal capitalismo mercantile. Nel 1349 Edoardo III promulgò lo STATUTO DEI LAVORATORI che inaugura delle disposizioni affermate in seguito anche sullo statuto degli artigiani, reitera l’obbligo di lavoro per tutti i sudditi del regno tra i 12 e i 60 anni, fissa in minimo 7 anni l’apprendistato dei mestieri artigianali, proibisce ai giovani delle campagne di svolgere l’apprendistato nelle città, i mestieri artigianali sono riservati ai figli di artigiani e gli artigiani rurali non possono avere apprendisti. I contadini senza terra non possono lasciare la loro parrocchia senza un certificato ufficiale di polizia altrimenti saranno considerati vagabondi. Il potere reale vuole rafforzare l’organizzazione dei mestieri artigianali urbani. Esso è inquadrato dalle “poor laws” che organizzano la caccia ai vagabondi richiamando l’obbligo al lavoro. Con il SETTLEMENT ACT del 1662 i responsabili locali possono anche espellere ogni nuovo arrivato che non abbia rendite che garantiscono che non sarà un peso per la parrocchia. Gli indigenti sono fissati alla parrocchia d’origine e gli abitanti della parrocchia sono soccorsi sul posto e gli è attribuito un salario. Queste norme ostacolano il capitalismo industriale, il vantaggio dell’Inghilterra dipende dal fatto che essa ha sfruttato al massimo le possibilità dell’organizzazione del lavoro preindustriale in particolare il putting out system. I liberali dell’inizio del 19 sec non potevano che tale sistema denunciato rappresentava il passaggio dal capitalismo mercantile al capitalismo industriale. Questo paese è riuscito a far lavorare il massimo numero di indigenti ha attuato legislazioni crudeli contro il vagabondaggio e ha mobilitato una forza lavoro sotto qualificata.
In Francia la situazione è diversa perché da una parte la piccola proprietà agricola si è mantenuta e dall’altra l’impianto dei mestieri urbani è più solido. Gli interventi sull’organizzazione del lavoro si specificano in Francia sotto tre direttrici principali: REPRESSIONE DEL VAGABONDAGGIO, RAFFORZAMENTO DELLE GIURENDE (CORPORAZIONI) E TENTATIVI PER MOBILIZZARE LA FORZA LAVORO AL DI FUIRU DELLE REGOLAMENTAZIONI TRADIZIONALI. Man mano che si afferma il potere reale si tenta di sradicare il vagabondaggio. L’ordinanza del 1662 stabilisce che si istituiranno Ospedali generali in tutte le città e i grandi borghi del regno ma il progetto di sfruttare gli indigenti validi che non portavano ad un lavoro produttivo si trasforma in un impresa di ergoterapia (lavoro per riabilitare le persone) per alcuni pensionati. Il progetto di far lavorare i poveri si mantiene fino al 1724. L’abate di Saint Pierre insiste sulla perdita che lo stato subisce se privato della forza dei poveri così raccomanda il loro impiego sistematico e se non trovano autonomamente lavoro sono sistemati in compagnie dirette d un sergente. Queste innovazioni non realizzano i problemi posti dal sotto impiego ma rappresentano delle iniziative dell’ancien regime per affrontare la questione lavoro. I depositi di mendicità accolgono le persone più de socializzate ma qui il lavoro diviene repressione. Il laboratorio di carità riguarda gli indigenti esclusi dall’impiego e non si devono praticare forti lavori che possano concorre con le forme comuni di lavoro. Vige il principio di “less eligibility” per cui i sussidi e le allocazioni di risorse devono essere inferiori alle più basse retribuzioni.
Tra il lavoro regolato e il lavoro forzato si afferma difficilmente il LAVORO LIBERO ossia si scambia la forza lavoro in quanto tale comprandola e vendendola in funzione dei bisogni del mercato. In questo periodo si sono sviluppate varie forme salariali. Il salariato si cominciò a sentire come bisogno verso la fine dell’ancien regime e si diversificano vari tipi di salariato.
Il suo nucleo più stabile è formato dai CORPORATI DEI MESTIERI sono i più garantiti perché sono i meglio formati e più competenti. Gli stessi maestri decadono e sono costretti a lavorare per i mercanti.
Continua a leggere:
- Successivo: Divisione in strati sociali dei lavoratori
- Precedente: Il vagabondaggio
Dettagli appunto:
- Autore: Anna Carla Russo
- Università: Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
- Facoltà: Scienze della Comunicazione
- Esame: Sociologia generale e Controllo sociale
- Titolo del libro: La metamorfosi della questione sociale, una cronaca del salariato
- Autore del libro: Robert Castel
- Editore: Sellino Editore
- Anno pubblicazione: 2007
Altri appunti correlati:
- Psicologia del Lavoro
- Diritto Sindacale
- Diritto del rapporto individuale di lavoro privato
- Revisione aziendale avanzato - Parte 1
- Ergonomia
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
- Mercato del lavoro segmentato, migrazioni internazionali e salari di efficienza
- Il concetto di ''alienazione'' negli scritti giovanili di Marx
- La determinazione dei salari in Italia e in Spagna
- L'impatto dell'immigrazione sul mercato del lavoro del Paese di destinazione. Alcuni risultati teorici ed empirici del caso italiano.
- Problemi attuali in tema di incentivazione retributiva
Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.