L’analisi della conversazione
I rituali della conversazione. L’analisi della conversazione si occupa delle normali situazioni conversazionali, considerandole come attività ordinarie del mondo sociale, che possono dirci qualcosa su come lo stesso mondo sociale è organizzato. Conversazione come rituale in cui partecipanti si capiscono, fraintendono, correggono, partecipando alla produzione di senso.
La conversazione è considerata come una delle attività ordinarie della nostra vita quotidiana attraverso le quali si riproduce il mondo sociale come insieme ordinato.
Intendendo il termine conversazione come sinonimo di interazione verbale.
La conversazione è un’attività che presuppone anzitutto la cooperazione tra partecipanti, ma la sua natura è pianificatrice e contrattuale. Di conseguenza la conversazione è cooperazione, pianificazione, contrattazione ma anche negoziazione.
Le fasi in cui si articola sono:
1. Sequenza di apertura: costituisce un momento critico poiché rappresenta l’inizio della conversazione • esistono diversi modi rituali per aprirla che riguardano sia la comunicazione verbale (frasi) che quella non verbale (postura/espressioni viso);
2. Lo sviluppo: avviene attraverso il meccanismo del turno il quale prevede che in una conversazione i partecipanti parlino uno alla volta e che il parlante cambi; un partecipante alla conversazione può auto selezionarsi parlando per primo o chi ha la parola può selezionare il locutore successivo. Vi sono inoltre strategie per non essere interrotti come quella del “turno esteso”; La perfetta sincronia nel passaggio da un turno all’altro è data da un meccanismo essenziale dell'organizzazione della conversazione: le coppie adiacenti, ovvero sequenze composte da due enunciati collocati l'uno accanto all'altro da due locutori diversi (es: saluto-saluto, lamentela-scusa ecc...). Le coppie adiacenti prevedono la non-terminabilità, la non-ripetibilità e la pertinenza condizionale e funzionano in ogni momento della conversazione: dall'apertura, per tutto lo svolgimento, fino alla fine.
3. Sequenze di chiusura: la conversazione non può essere interrotta senza alcuni rituali di chiusura, i quali possono essere verbali o non verbali. La chiusura va negoziata coordinatamente attraverso anche i cosiddetti “turni di pre-chiusura” dopo i quali ci si aspetta che l'interlocutore accetti di chiudere la conversazione, arrivando ai turni finali veri e propri.
La conversazione è caratterizzata da procedure di correzione che possono essere di 2 tipi:
• Autocorrezione (ci si corregge da soli);
• Eterocorrezione (ci correggono gli altri).
Secondo Goffman in relazione alla conversazione non si deve parlare tanto di turni quanto di mosse, cioè ogni segmento di parlato che ha un distinto rapporto unitario con qualche insieme di circostanze in cui i partecipanti si trovano. La conversazione è quindi una sequenza di mosse da parte dei partecipanti.
Alcuni aspetti della conversazione così come vengono studiati dall'analisi della conversazione
1) Essere in disaccordo per essere d'accordo
Quando esprimiamo una valutazione ci attendiamo una risposta dai nostri interlocutori: la struttura di questo “scambio” prevede una prima valutazione fatta dal parlante, e la risposta dell'interlocutore, che consiste in un'espressione di accordo o disaccordo. Perciò, per dimostrarsi d’accordo, l’interlocutore può agire secondo “accordo preferito” che consiste nell’essere d’accordo con la valutazione del primo parlante o nel mostrarsi in disaccordo, proprio per ribadire di essere d’accordo.
Es.
a). “Ti vedo assente”
b). “Dici? Non è vero!”
Un altro caso è “l’accordo dispreferito” in cui il parlante si produce in un’autosvalutazione per la quale è prevista, nel turno successivo, un’espressione di accordo o di disaccordo. L'interlocutore può esprimere questo accordo dispreferito mediante una serie di strategie: le ripetizioni parziali, le negazioni e i complimenti.
2) Il discorso riportato
Se ci si riferisce alla molteplicità di autori presenti in uno stesso discorso (es manuale che riporta quello che scrivono gli studiosi) si parla di “dialogismo” o “polifonia”. Nel discorso riportato invece si distingue tra discorso indiretto (marco ha detto di essere andato al mare), discorso diretto (marco ha detto: sono andato al mare) e discorso indiretto libero (marco lo ha detto. È andato al mare). Il problema del discorso riportato è quello dell'attendibilità di quanto è stato riportato. Ma nella conversazione possiamo anche riportare quanto è stato appena pronunciato dal nostro interlocutore, per segnalare sia l'accordo che il disaccordo. Sono le cosiddette “frasi eco” che si usano riportando quello che è stato detto (es accordo: a-il fondatore dell'etnometodologia è Garfinkel. b-è Garfinkel. / es disaccordo: a-passami il sale. b-passami il sale? Prenditelo da solo).
3. Forme di ripetizione.
Le forme della ripetizione sono essenzialmente tre:
o l’autoripetizione: si ha quando lo stesso elemento formale riappare nel discorso del parlante stesso (quando il parlante si ripete);
o l’eteroripetizione: si ha quando lo stesso elemento formale riappare nel discorso dell’interlocutore, che quindi ripete una parte o l’intero turno del parlante precedente. Es. “Passami il sale”, “Passami il sale? Ma prenditelo da solo!”;
o la ripetizione polifonica: consiste nella ripresa a distanza di sintagmi fissi, basati su stereotipi, routine conversazionali, slogan, citazioni bibliche, ecc… Si pensa ai tormentoni.
In generale la ripetizione ha varie funzioni: in particolare servono come conferma della ricezione, come controllo della comprensione e come correzione.
4. Per ridere. Raccontare una barzelletta.
Una barzelletta si costruisce su una collisione tra due differenti frames incompatibili fra loro. Raccontarne una significa esporsi a un rischio interazionale e richiede un impegno conversazionale complesso, che coinvolge chi la racconta e chi l'ascolta.
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