Torturatrici che sorridono all’obiettivo
Torturatrici che sorridono all’obiettivo
Nel repertorio contemporaneo dell’orrorismo di mano femminile, le torturatrici di Abu Ghraib occupano un posto speciale. Il tentativo di rivestirle del ruolo di vittime risulta, in questo caso, assai arduo. La tortura è costitutivamente una pratica sottratta alla visibilità pubblica.
La tortura è una pratica ordinaria della procedura penale, una precisa tecnica per indagare la verità del crimine al fine di produrre una giusta sentenza. La tortura è finalizzata alla confessione, mentre il supplizio è basato sull’umiliazione e la vendetta. Ambedue sebbene in maniera diversa, non mirano a uccidere ma a far soffrire. La tortura deve evitare che il “paziente” muoia durante il procedimento. Deciso a ucciderlo, il supplizio deve invece evitare che muoia troppo presto. Nel rito del supplizio, che può durare due settimane, consueto è lo smembramento del corpo vivo, anzi, lo squartamento prodotto da quattro cavalli che, legati agli arti del condannato, tirano in senso opposto trascinando gambe e braccia con sé nel galoppo. Spesso le ferite sono riempite con piombo fuso, mentre il boia squarcia il ventre del suppliziato e getta le sue viscere sul fuoco affinché, da vivo, le veda bruciare.
Nella modernità, benché il nuovo modello politico veda la sparizione del supplizio, altrettanto non succede per quanto riguarda la tortura e la sua costitutiva segretezza. Ora però è l’illegalità dell’atto a costringere i torturatori a operare di nascosto.
Anche la visibilità su scala mondiale che la tortura di Abu Ghraib ha finito per conquistarsi è poco sorprendente. Gli atti dei torturatori erano infatti programmaticamente rivolti alla sfera dell’occhio. Il contesto non solo non proibiva la fotografia, ma la prevedeva e l’utilizzava: soprattutto come strumento di umiliazione per le vittime.
Com’è tristemente noto, in tali fotografie, risaltano innanzitutto due donne, in pose goffe e artificiali, che guardano l’obiettivo ghignando. Per uomini particolarmente reattivi all’offesa della loro virilità, essere torturati da donne è un’umiliazione aggiuntiva.
Nella tortura l’asimmetria del potere si presenta assoluta: “la vittima è in una posizione di completa vulnerabilità ed esposizione, il torturatore in una posizione di perfetto controllo e imperscrutabilità”.
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Dettagli appunto:
- Autore: Anna Bosetti
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Scienze dell'Educazione
- Corso: Scienze dell'Educazione
- Esame: Pedagogia interculturale
- Docente: Raffaele Mantegazza
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