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Tanto mutilato che potrebbe essere il corpo di un maiale


Nel suo ultimo libro, tornando al terna della fotografia, Susan Sontag sceglie di riflettere sulle immagini dell’orrore. Intitolato Davanti al dolore degli altri il libro ha una tesi di fondo. Essa sostiene che, per quanto le fotografie dell’orrore possano sollecitare un piacere morboso esse hanno un “valore etico” perché ci rendono consapevoli “del fatto che gli esseri umani commettono dappertutto cose terribili ai danni dei propri simili”. Sontag sottolinea anche che, nel caso della fotografia come documento di atrocità, il discorso è assai complesso e va perciò esaminato con cura.
I problemi legati alla documentazione fotografica dell’orrore sono tutt’altro che semplici. Dopo averli esaminati in dettaglio, Sontag, tuttavia, non solo insiste sulla necessità di rendere pubbliche tutte le foto che documentano le atrocità inflitte dagli uomini ai loro simili, ma, rivedendo alcune sue precedenti convinzioni, contesta anche il presunto effetto di abitudine e, perciò, di saturazione che ne conseguirebbe.
Essere spettatori, mediante l’immagine, del dolore degli altri, non significa che la sofferenza di questi non sia materialmente patita.
É proprio in questo contesto che il francese Bataille si guadagna una menzione. Definendolo “uno dei grandi teorici dell’erotismo”, Sontag ci rammenta che egli teneva sulla sua scrivania una foto al cui centro c’è il corpo martoriato di un prigioniero sottoposto al supplizio dei “cento colpi”. Così Sontag la descrive:
la vittima sacrificale, già priva di braccia, su cui sono all’opera vari coltelli, nella fase terminale dello scorticamento è ancora viva nella foto, con il viso rivolto all’insù e uno sguardo estatico.
L’ossessione di Bataille per la foto in questione è davvero notevole. L’orrore come smembramento piace a Bataille parecchio. Nota Sontag che ogni immagine che mostri la violazione di un corpo è pornografica e che “le immagini ripugnanti possono affascinare”.

Tratto da LA VIOLENZA SULL'INERME di Anna Bosetti
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