I figli dei rifugiati cambogiani
Man mano che la maggior parte delle famiglie cambogiane-americane povere si adattava alle esigenze di vita nell’America urbana, il conflitto tra genitori e figli diventava una questione sempre più ricorrente in alcune di esse.
Molti ragazzi cambogiani-americani avevano l’impressione che non avrebbero potuto imparare come essere moderni seguendo il modello dei genitori. Di conseguenza i figli di genitori rifugiati cercavano con ogni mezzo di liberarsi da codici di famiglia cambogiani che ai loro occhi apparivano antiquati e insignificanti.
Proprio come la dipendenza dal welfare rafforzava il potere delle donne rispetto a quello degli uomini, così la capacità dei figli di adattarsi piuttosto rapidamente alla lingua, ai media, al mercato, alle strade, ai quartieri e alle istituzioni americane rafforzava il loro potere sociale di fronte ai genitori.
Le relazioni genitori-figli si focalizzavano spesso, in maniera particolarmente problematica, sui modi in cui i figli avrebbero dovuto risparmiare e usare il tempo e il denaro. Dal punto di vista dei genitori si trattava di una questione centrale per i bisogni collettivi e la futura sicurezza della famiglia, ma per i figli queste preoccupazioni erano soltanto un tentativo di plasmare la loro identità di individui americani.
Ormai, diversamente dal solito, i genitori dipendevano dai figli e cercavano disperatamente di tenerli stretti a sé. Molti di loro non sapevano affatto parlare inglese, o comunque non lo parlavano bene; dipendevano pertanto dai figli che traducevano per loro, il che, almeno in parte, umiliava gli adulti e dava ai figli in età scolare un potere del tutto inaspettato. I genitori dipendevano dai figli per leggere i segnali stradali e per farsi accompagnare in qualsiasi luogo.
I figli spesso si trovavano a prendere decisioni per conto dei genitori.
A casa i rapporti genitori-figli venivano modellati dalle aspettative degli adulti che erano abituati a un’obbedienza assoluta e a una comunicazione verbale limitata. Qualunque cosa i figli imparassero a scuola riguardo al comportamento americano del ceto medio, non la ritrovavano dentro casa, e questo aumentava il loro senso di alienazione, che si sommava al peso di doversi assumere il carico maggiore delle responsabilità familiari, ricevendo in cambio meno risorse rispetto ai loro coetanei americani per godersi la loro condizione di teenager.
I genitori, a loro volta, si lamentavano che la cultura della scuola insegnasse ai ragazzi a contraddirli, un atteggiamento inconcepibile in Cambogia. Sebbene i genitori fossero estremamente consapevoli di non poter aiutare i propri figli in molti aspetti della vita, sentivano di aver fatto sacrifici enormi e di aver messo a repentaglio la vita per mettere in salvo i figli, o per farli nascere in un paese libero; e perciò sentivano di meritarsi almeno un minimo di rispetto.
Nelle divergenze tra genitori e adolescenti il consumismo e il sesso erano ambiti che si intrecciavano fra loro. Soprattutto per i maschi, il denaro, i beni di consumo e il sesso erano parte integrante del processo per diventare americani e per guadagnarsi l’approvazione della società.
Il comportamento irriverente dei ragazzi e le loro avventure sessuali erano quindi particolarmente dolorosi per i genitori. Nonostante la perdita, di fatto, di ogni loro potere sui figli, i genitori cercavano di dimostrare almeno la loro autorità morale proibendo loro di uscire e offrendosi di organizzare per loro un matrimonio “appropriato”.
Una buona gestione del fidanzamento e del matrimonio dei figli costituiva la dimostrazione principale del potere dei genitori e della loro reputazione morale, ed elevava lo status dei genitori all’interno della comunità.
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Dettagli appunto:
- Autore: Anna Bosetti
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Scienze dell'Educazione
- Corso: Scienze dell’Educazione
- Esame: Antropologia
- Titolo del libro: Da rifugiati a cittadini
- Autore del libro: A. Ong
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