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Gli ebrei e la società


Mentre l’antisemitismo politico prendeva spunto dal fatto che gli ebrei formavano un corpo separato, e più o meno compatto, in seno alla nazione; la discriminazione sociale si sviluppava col crescere dell’eguaglianza degli ebrei con gli altri gruppi.
Quanto più le condizioni si avvicinano all’eguaglianza, tanto più difficile è spiegare le differenze che in realtà esistono. Questa conseguenza apparentemente paradossale viene il luce non appena l’eguaglianza cessa di essere uguaglianza di fronte a un Dio onnipotente o alla morte come comune destino umano, e diventa principio organizzativo terreno nell’ambito di un popolo.
Le moderne società di massa offrono innumerevoli esempi della facilità con cui si scambia l’eguaglianza per una qualità innata di ciascun individuo, che viene definito “normale” quando è come gli altri e “anormale” quando se ne differenzia.
Gli aspetti pericolosi di tale avventura si manifestano anzitutto nell’odio razziale, perché esso riguarda una di quelle differenze naturali che nessun mutamento o livellamento di condizioni può attenuare. Il razzismo è la reazione all’esigenza, posta dal concetto di eguaglianza, di riconoscere ogni individuo come un mio pari.
Quanto più le condiziono ebraiche si avvicinarono all’eguaglianza, tanto più sorprendenti apparvero le differenze; questa constatazione produsse nell’ambiente circostante sia antipatia che attrazione verso gli ebrei.

Tratto da LE ORIGINI DEL TOTALITARISMO di Antonino Cascione
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