Tipi e modelli di stato sociale
Tipi e modelli di stato sociale
La prima classificazione rilevante ed articolata degli stati sociali è stata proposta di Titmuss, che ha distinto, nella sua tassonomia ormai classica, tre modelli di politica sociale:
1. quello RESIDUALE, nel quale la politica sociale interviene temporaneamente solo nel momento in cui non funzionino i due cosiddetti “canali naturali” di soddisfacimento dei bisogni, vale a dire il mercato e la famiglia. È un modello derivato dall’antico concetto creativo che fa capo ad un PRINCIPIO ASSISTENZIALE; i destinatari delle prestazioni sono tutti coloro i quali si trovino, più o meno temporaneamente, in una situazione di bisogno: i servizi spettano di norma a tutta la popolazione, ma solo nella misura in cui
sia stata accertata una situazione di bisogno o di povertà. Per quel che concerne gli obblighi, invece, la copertura degli oneri spetta alla cittadinanza tutta ed avviene attraverso la fiscalità generale;
2. quello del RENDIMENTO INDUSTRIALE, in cui la politica sociale si fonda sul lavoro retribuito come fondamento primario del soddisfacimento dei bisogni, correggendo solo parzialmente il mercato e fornendo livelli di protezione che riflettono i meriti ed i rendimenti lavorativi. È un modello di derivazione bismarckiana, che si fonda su un PRINCIPIO PREVIDENZIALE a base occupazionale » la sua popolazione di riferimento è generalmente costituita da gruppi di soggetti che svolgono la medesima professione. L’erogazione dei servizi è condizionata al precedente versamento di contributi ed è determinata in base a meccanismi di tipo finanziario-assicurativo;
3. quello ISTITUZIONALE REDISTRIBUTIVO, in cui i programmi assistenziali dello stato, come parte integrante della società di cui costituiscono un’istituzione cardine, assicurano prestazioni sociali universali, in base ai bisogni ed indipendentemente dal mercato. Come il primo, anche questo modello, che deriva dall’impostazione del Piano Beveridge, viene finanziato dalla fiscalità generale, essendo dunque completamente fondato su un PRINCIPIO UNIVERSALISTICO sia nel finanziamento dei servizi, sia nella loro erogazione. Mentre il modello residuale agisce in un certo senso ex post, tentando di porre rimedio a delle condizioni di povertà e di marginalità, questo svolge la sua opera ex ante, tentando di garantire il raggiungimento di standard minimi di qualità della vita a tutta la cittadinanza o almeno a quella sua parte che presenti alcuni requisiti formali (quale ad esempio la maggiore età), cui vengono generalmente corrisposte prestazioni uguali, almeno in linea teorica, per tutti.
In una stessa nazione possono esistere istituzioni che corrispondono a tutti e tre i tipi evidenziati da Titmuss, addirittura, in una stessa istituzione, possono trovarsi mescolati o confusi elementi riconducibili a diversi principi.
Per i paesi europei si potrebbe tracciare il quadro seguente:
» PAESI SCANDINAVI (Svezia, Norvegia, Finlandia) la protezione sociale è un diritto di cittadinanza, offerto a tutti secondo il principio universalistico, finanziato con il gettito fiscale ed integrato, per i lavoratori occupati, con assicurazioni professionali obbligatorie. Tutte le prestazioni sono gestite ed erogate dalle autorità pubbliche (centrali e locali) ad eccezione delle assicurazioni contro la disoccupazione, di carattere volontario e dipendenti dalle organizzazioni sindacali.
» PAESI ANGLOSASSONI (Gran Bretagna ed Irlanda) il welfare è completamente universale solo in campo sanitario. La sanità è finanziata con il gettito fiscale, ha un’organizzazione integrata ed è gestita totalmente dall’amministrazione pubblica. Al contrario, le prestazioni in denaro sono per lo più finanziate con i contributi sociali.
» EUROPA CENTRALE (Germania, Francia, Benelux, Austria, Svizzera) le prestazioni sociali riguardano sia la garanzia del reddito, sia il settore sanitario. A differenza dei paesi anglosassoni, in questo caso i sindacati sono coinvolti attivamente. Tutti i lavoratori devono obbligatoriamente aderire a schemi assicurativi di categoria; e la protezione assistenziale è consistente anche se non completamente standardizzata.
» EUROPA MERIDIONALE (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia) i servizi sanitari nazionali sono universali e riconosciuti come diritti di cittadinanza sebbene, ad eccezione dell’Italia, in tutti gli altri paesi non si sia ancora completato il passaggio dalle mutue tradizionali al nuovo assetto. Le parti sociali giocano un ruolo molto importante nel settore delle prestazioni economiche, sempre meno nel settore della sanità (regolato più dal gettito fiscale che dai contributi sociali).
Continua a leggere:
- Successivo: Gli sviluppi, la crisi e le riforme dello stato sociale in Italia
- Precedente: Definizione del welfare state
Dettagli appunto:
-
Autore:
Ivan Ferrero
[Visita la sua tesi: "Espressioni facciali e i volti della menzogna. Dagli studi di Paul Ekman al ''successo'' di Cal Lightman"]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
- Esame: Psicologia di comunità
- Docente: Amerio e De Piccoli
Altri appunti correlati:
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
- L'era virtuale - il fenomeno del sexting. Una ricerca empirica
- Da utente a protagonista: l'empowerment del cittadino in ambito sanitario
- Percorsi di partecipazione over 60 : un contributo di ricerca empirica nel territorio di Cesena
- La psicologia di comunità di fronte alla sfida dell'immigrazione: chiavi di lettura, metodi e strumenti di intervento
- La psicologia dell'anziano: prospettive interrelazionali
Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.