La psicologia di comunità fra teoria psicologica e pratica sociale
Oggetto di una disciplina ottica con cui un qualche aspetto del mondo fisico, naturale o sociale è visto e ricostruito all’interno di un sistema di concetti e modelli teorico-empirici.
Psicologia di comunità intersezione di due modalità di approccio ai fenomeni umano-sociali:
1. campo del sapere
2. formulazione dei problemi
cercheremo, dunque, di tracciarne un quadro d’insieme, delineando i punti di vista a cui si ispira nel rivolgersi ai problemi umani e sociali, individuando i modi essenziali in cui li assume nella sua ottica teorico-metodologica e nelle sue prospettive di intervento nella pratica sociale.
La psicologia di comunità è sorta poco più di 30 anni or sono negli USA anni particolari:
Uscita faticosa da quasi mezzo secolo di comportamentismo riscoperta di un soggetto attivo, motivato, capace di ragionamenti e portatore di emozioni (grazie anche alla lettura di Piaget ed alla rilettura dei gestaltisti) “mutilato”, però, dalla metafora “mente- PC” distacco dalle problematiche sociali e dalle prospettive teoriche di Lewin.
Situazione odierna in Italia ed in Europa la psicologia di comunità si muove nel nostro paese su linee differenti, pur collegandosi in alcuni suoi aspetti a modelli americani. Affrontando i problemi della tutela sociosanitaria in modo più sintonico con il nostro assetto istituzionale e con la realtà dei nostri servizi, essa va cercando una sua autonomia anche attraverso reti europee, producendo esperienze autoctone e soprattutto ricercando un sostanziale ricambio di prospettive teoriche e politiche.
Identità di una disciplina:
1. come essa si rivolge alle situazioni umane e sociali di sua pertinenza e come le trasforma in problemi (Dewey)
2. procedimenti con i quali assume tali problemi in una piattaforma concettuale inserendoli in sets teorico-metodologici suscettibili di analisi empirica.
Il “sapere psicologico” è frutto non solo dell’analisi di laboratorio condotta sui processi più o meno separati dall’attività pratica relativi alle cognizioni, alle emozioni e così via, ma anche della ricerca condotta sul funzionamento di tali processi nel contesto dei problemi connessi con la vita concreta degli individui e dei gruppi William James “Principi di psicologia” 1890 analisi della vita psichica nel bel mezzo delle sue relazioni concrete, a livello cioè di quella realtà attraverso al quale si attualizza l’esperienza umana. Diversamente dall’uomo nudo e dall’esperienza disincarnata che formavano l’oggetto della psicologia di Wundt, James proponeva un essere umano nella sua tridimensionalità, spirituale, sociale e materiale (cioè, della sua mente ma anche del suo corpo, degli abiti indossati, dagli strumenti utilizzati, dalle relazioni in cui è collocato e da quelle che costruisce) capace di porsi non solo come soggetto ma anche come oggetto della sua esperienza e di quella altrui.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Ivan Ferrero
[Visita la sua tesi: "Espressioni facciali e i volti della menzogna. Dagli studi di Paul Ekman al ''successo'' di Cal Lightman"]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
- Esame: Psicologia di comunità
- Docente: Amerio e De Piccoli
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