La teoria, le forme e gli strumenti musicali' in cui si presentano i principali elementi della grammatica musicale: i suoni, il ritmo, la tonalità, le scale musicali, le forme musicali, la voce in musica, gli strumenti.
Ogni elemento viene descritto nei suoi caratteri generali, negli utilizzi e negli sviluppi.
La grammatica della musica
di Domenico Valenza
Riassunto del libro 'La grammatica della musica. La teoria, le forme e gli
strumenti musicali' in cui si presentano i principali elementi della grammatica
musicale: i suoni, il ritmo, la tonalità, le scale musicali, le forme musicali, la
voce in musica, gli strumenti.
Ogni elemento viene descritto nei suoi caratteri generali, negli utilizzi e negli
sviluppi.
Università: Università degli Studi di Catania
Esame: Culture e Linguaggi Musicali, a.a. 2006/07
Titolo del libro: La grammatica della musica. La teoria, le forme
e gli strumenti musicali
Autore del libro: O. Karoly
Editore: Einaudi, Torino
Anno pubblicazione: 19691. Otto Karolyi – Suoni e simboli nella grammatica della musica
La musica è arte e scienza allo stesso tempo. Perciò allo stesso tempo, deve essere colta emozionalmente e
compresa intellettualmente. L’amatore che si diletta ascoltando la musica senza capirne il linguaggio è come
il turista che passa le vacanze all’estero senza capire neppure una parola. Egli sente, ma non è in grado di
comprendere.
Domenico Valenza Sezione Appunti
La grammatica della musica 2. Otto Karolyi – Il suono: materiale della musica
Il suono è prodotto da un solo tipo di moto: il moto o vibrazione originato da un corpo vibrante che provochi
onde di compressione-rarefazione giungenti al nostro orecchio attraverso l’aria. La velocità a cui il suono
percorre lo spazio dal corpo vibrante al nostro orecchio è di circa 335 metri al secondo, velocità che cambia
secondo le condizioni dell’atmosfera.
Se la vibrazione è regolare, il suono che ne risulta è musicale e costituisce una nota di altezza determinata;
se è irregolare, il risultato è il rumore. Ogni suono ha tre proprietà caratteristiche: altezza, intensità, timbro.
La percezione dell’altezza di un suono consiste nella capacità di distinguere fra suoni musicali alti e bassi.
Un suono è più o meno alto secondo la frequenza del corpo che vibra. Maggiore è la frequenza, più alto è il
suono.
L’intensità di una nota dipende dall’ampiezza della vibrazione. Una più o meno ampia vibrazione produce
suoni più forti o più deboli. Il timbro definisce la differenza di colore musicale tra una nota suonata da
strumenti differenti o cantata da voci diverse.
Descriviamo adesso l’altezza convenzionale. Quando andiamo in una sala da concerto, prima che il concerto
inizi, i musicisti accordano i loro strumenti su una nota suonata dall’oboe principale. Essi hanno intonato i
loro strumenti su una nota che ha 440 vibrazioni al secondo.
Una buona intonazione (suonare in tono, regolando l’altezza delle note), ha importanza per il musicista. Due
note che hanno la stessa frequenza, per esempio 440, hanno la stessa altezza e costituiscono un unisono. Ma
se una di queste risulta fuori tono, la prima nota produrrà onde più corte della seconda, e queste onde si
scontreranno. E’ interessante notare che dopo un certo numero di battiti (circa 30 al secondo), l’effetto di
disturbo tende a diminuire.
Uno dei fenomeni acustici più usati per rinforzare il suono degli strumenti è la risonanza. Quando due
sorgenti di vibrazioni sono in condizione di vibrare con eguale periodo e una è messa in vibrazione, quella
non sollecitata direttamente riceverà la vibrazione simpateticamente all’altra. Nel violino, ad esempio, sono
le varie parti della cassa le reali produttrici del suono.
Un altro fattore che determina in buona misura il timbro sonoro di strumenti e voci è quello che fa giudicare
un auditorium buono o cattivo. L’acustica degli auditorium si misura in base al periodo di riverberazione,
ossia al tempo che impiega una nota a svanire. L’acustica di una sala si può modificare applicando o
togliendo gli assorbenti di suono, come schermi e tappezzerie.
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La grammatica della musica 3. Otto Karolyi – La notazione musicale
La musica, come ogni linguaggio, fu coltivata come trasmissione orale da una generazione all’altra, prima
che un metodo di scrittura fosse inventato. Ma in civiltà sviluppate il desiderio di avere testimonianza scritta
di leggi fece nascere il problema di come scrivere la musica.
Le origini della notazione musicale europea si trovano nei simboli abbreviati usati per la recitazione orale
greca e orientale (notazione ecfonetica). Dal V al VII secolo d. C. fu sviluppato da questi segni un sistema
che indicava il movimento melodico; i suoi simboli furono conosciuti come neumi.
Poi apparve il rigo. Guido D’Arezzo consigliò l’uso di tre e quattro linee. Quest’ultimo sistema, il
tetragramma, fu adottato e conservato come rigo tradizionale per la notazione del canto gregoriano ed è
ancora in uso. Dal secolo XIII le importanti innovazioni nel campo della melodia, dell’armonia e della
ritmica indussero ad ampliare il campo della teoria musicale.
Notazione dell’altezza. L’altezza dei suoni è indicata dalla serie di sette sillabe Do Re Mi Fa Sol La Si, serie
conclusa nuovamente da Do in modo da produrre un intervallo da Do a Do di otto note, l’ottava. Se
suoniamo contemporaneamente due Do a distanza di ottava sul pianoforte, avremo la conferma di una
relazione tra loro: essi producono gli stessi suoni, ma ad altezze differenti.
La maggior parte delle tastiere di pianoforti sono divise in sette ottave: partendo dalla più bassa tali ottave
prendono i nomi di contra (do ), grande (do , ecc.), piccola, una linea, due linee, eccetera.
Il metodo di orientamento più chiaro per stabilire l’altezza di una nota è l’uso di un gruppo di cinque linee
orizzontali, il rigo. Sia le linee, sia gli spazi compresi tra le linee stesse sono usati per fissare le posizioni
delle note, ma è evidente che due gruppi di cinque linee e quattro spazi non sono sufficienti per tutte le note.
Per superare questa difficoltà, quando è necessario vengono aggiunte alle linee principali delle brevi linee
supplementari.
Per procedere attraverso la mappa musicale è necessario avere un punto di riferimento per orientarsi: in
termini musicali, conoscere quali sono le altezze esatte relative ai nomi delle note. Questo compito è assolto
dalle chiavi: la chiave di Sol, la chiave di Fa e la chiave di Do. Una volta stabilita una chiave, ogni linea e
ogni spazio determinano una nota (e quindi un’altezza) definita.
Il problema di situare le note comprese fra le ottave basse fu risolto utilizzando la chiave di Fa. Il punto di
partenza del suo simbolo, oppure i due punti (sopra e sotto la quarta linea) indicano che nella chiave di Fa la
quarta linea del rigo è il posto del Fa. La ricomparsa del Do sulla prima linea supplementare mostra come
queste linee si congiungano senza soluzione di continuità.
Spesso nella musica per violino o altri strumenti, è necessario scrivere note molto alte o basse. Ciò implica
l’uso di molte linee supplementari, tale difficoltà è risolta scrivendo le note all’ottava più bassa,
aggiungendo il segno 8va, sopra o sotto le note stesse che verranno eseguite. Scrivendo per pianoforte o altri
strumenti, la simultaneità è posta in rilievo da una graffa.
Due chiavi di Do sono ancora frequentemente usate nella musica vocale e strumentale: chiave di contralto e
chiave di tenore. Il centro della chiave di contralto è sulla terza linea, il centro della chiave di tenore è sulla
quarta linea. Con tali chiavi si evita l’uso di troppe linee supplementari.
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La grammatica della musica 4. Otto Karolyi – La durata dei suoni
La musica si svolge nel tempo, e i musicisti devono organizzarla non solo in termini di altezza, ma anche di
durata. Per rappresentare un suono usiamo un piccolo segno, la nota, e può essere di colore bianco o nero.
La sua funzione è duplice: essa serve sia come indicatrice di altezza, ma anche come segno di durata di un
suono.
La nota più lunga è la semibreve: essa è divisibile in 2 minime, 4 semiminime, 8 crome, 16 semicrome, 32
biscrome e 64 semibiscrome. Convenzionalmente l’altezza di una nota si scrive rivolta verso l’alto quando
la nota si trova dalla terza linea in giù, altrimenti è rivolta verso il basso.
Tuttavia se più note di breve durata sono raggruppate insieme, le aste andranno unite una all’altra senza
badare se alcune delle note sono sopra o sotto le linee centrali. #
Punti, legature, corone e pause
Il prolungamento della durata di una nota si indica con l’uso di uno o più punti. Un punto posto dopo la testa
di una nota significa un aumento di durata esattamente corrispondente alla metà del valore della nota stessa.
Nel caso di due punti, il secondo punto aggiunge la metà del valore del primo. In tal modo una minima
seguita da due punti avrà la durata di una minima più una semiminima più una croma.
Una legatura serve ad unire due note di altezza uguale; il suono della prima nota verrà prolungato secondo la
durata espressa dalla nota unita. Viene utilizzata per maggiore chiarezza. Il punto coronato (corona), spesso
alla fine della composizione, indica che la durata della nota dev’essere prolungata per il doppio della durata,
ma anche di più o meno secondo il gusto dell’esecutore.
In musica, i silenzi sono indicati da un segno chiamato pausa. Il principio delle pause è semplice: ogni tipo
di nota ha la propria pausa corrispondente di identico valore di durata.
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La grammatica della musica