Plusvalore e pluslavoro in Marx
Secondo Marx il guadagno deriva dalla speculazione degli imprenditori sulla forza – lavoro spesa dagli operai.
Questo vuol dire che se un imprenditore vuole arricchirsi deve sottopagare i propri operai oppure farli lavorare più ore senza pagarli, in modo da vendere la merce sempre per quello che vale ma non pagando adeguatamente il lavoro che per la produzione di quel prodotto è stato speso dagli operai. Gli operai d’altronde sono costretti a lavorare alle condizioni che detta l’imprenditore perché devono anche loro procurasi denaro per mangiare (ed è questo il meccanismo che oggi porta le grandi multinazionali come la Coca-cola o la Nestlé, per dirne solo due, a sfruttare i paesi del terzo mondo con la scusante che se non ci fossero loro, quella gente morirebbe di fame; in questo modo li fanno lavorare 15 ore al giorno, si arricchiscono alla faccia loro e agli occhi della gente passano anche per i salvatori del mondo).
Dunque il plusvalore che una merce acquista (ossia il profitto che l’imprenditore ricava da una merce investendo parte del suo capitale sotto forma di salario per i dipendenti per farli lavorare più del giusto) dipende dal pluslavoro (che è quel lavoro in più non retribuito che un operaio compie per produrre una merce; se ad esempio per costruire un tavolo ci vogliono 5 ore di lavoro e si sa che in commercio quel tavolo vale 10 euro, cioè 2 euro per ogni ora di lavoro, le possibilità di guadagno per l’imprenditore sono due: o paga l’operaio non 2 ma 1 euro l’ora così che speculando sul suo lavoro ci guadagna la metà, oppure fa lavorare l’operaio 10 ore ma gliene paga solo 5, così che l’operaio costruirà due tavoli ma sarà pagato solo per uno e il guadagno dell’altro tavolo andrà nelle tasche dell’operaio).
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Dettagli appunto:
- Autore: Carlo Cilia
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Storia della filosofia contemporanea
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