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I Memorabili di Giovanni Battista Gelli (1498 – 1563)


Scrittore di commedie e commentatore di Dante, conosciuto nella letteratura italiana soprattutto per i suoi Capricci del bottaio. Dalle sue mani provengono anche venti brevi biografie d'artisti – i Memorabili  appunto - che sono note solo da poco tempo. Sono opere che, come in tutta la sua produzione, recano l'impronta fiorentina e sono genuina testimonianza del campanilismo fiorentino. Abbiamo detto che i Memorabili del Gelli hanno in comune con il Vasari e l'Anonimo della Magliabechiana la cosiddetta Fonte K, ma non è vero che il Gelli abbia utilizzato quest'ultimi per la sua opera, imparagonabili sia per l'attendibilità sia per la critica, conservando solo un discreto interesse dal punto di vista della storiografia dell'arte, non solo per la critica delle fonti. Il modo ristretto e sprezzante con cui liquida gli antichi artisti senesi dimostra la ristrettezza del suo orizzonte culturale, limitato a Firenze. Eppure anche l'opera del Gelli ha più di un punto interessante. Personaggio frutto del Rinascimento maturo, spesso mostra la sua perspicacia e la sua arguzia. Dovendo difendersi dall'accusa di luteranesimo occulto, inveiva contro le teste piccine che con immotivato bigottismo se la prendevano con le statue antiche, come se gli uomini belli e le donne belle non fossero creazioni di Dio e non si potessero ammirare senza peccato. È un passo che si trova nel proemio dell'opera, dedicato all'amico Francesco di Sandro, che ha come oggetto di invettiva i papi del “barbaro” Medioevo, che Gelli, coerentemente con l'epoca, tratta con termini di ampio e colorito disprezzo. Gelli, figlio genuino del Rinascimento, si chiede come fosse possibile, ad esempio, che colpissero positivamente i mostruosi e deformi esseri rappresentati senza propozione alcuna sulle mensole degli edifici medievali, mentre avevano sotto gli occhi le opere degli antichi e della natura. A questo si aggiunge la barbarie delle pitture bizantine che sembrano copiate tutte da un solo originale. Come il Vasari, anche il Gelli abbozza una caricatura di questo stile, identificando i tratti caratteristici più dominanti secondo i loro contrasti: piedi appiccicati per lungo al muro, mani aperte e visi stralunati e tondi con occhi aperti da sembrare spiritati. Dal tempo di Cimabue, il precursore - dice Gelli – l'arte si è sviluppata in modo che non solo ha raggiunto gli antichi, ma li ha addirittura superati, come dimostra l'aneddoto dell'Eros di Michelangelo che fu scambiato per antico. Michelangelo appare già come il punto di arrivo di tutta l'arte, e le sue opere furono imitate di più di quelle antiche. Qui il Gelli viene allo scopo vero della sua opera: dimostrare che Firenze è il focolare, la patria, la fucina dell'arte vera e moderna; Roma deve abdicare e ritirarsi dalla scena, riconoscendo il giusto primato di Firenze. La capitale è definita “piuttosto un ricettacolo di forestieri che una città”, forestieri che non fanno altro che portare i loro prodotti come se fosse una fiera, nella speranza di ottenere qualche guadagno.
Come risolve il Gelli il problema della tanto disprezzata arte medievale? Con un ricorso naturale: “la natura osserva sempre quest'ordine”, dice Gelli. Le grandi civiltà antiche sono destinate a cadere sotto i colpi di molteplici forze esterne, come guerre, epidemie, mescolanze con popoli di razza inferiore, e solo l'ingegno di uomini eletti le rieleva continuamente. Questo accade nel cuore della Toscana, e i rinnovatori sono Cimabue e Giotto. A Giotto Gelli attribuisce, dimostrando fine osservazione, la insuperabile concentrazione dell'espressione (il decorum rinascimentale): le sue figure hanno un solo significato e solo Michelangelo lo ha eguagliato.
Alla vita di Giotto fanno seguito le biografie degli scolari e dei seguaci: Giottino, Stefano, Andrea Tassi, i Gaddi, Antonio Veneziano, Masolino, l'Orcagna, Buonamico, lo Starnina, Lippo e Dello; continua poi con gli artisti del Quattrocento: Ghiberti, Brunelleschi, Buggiano, Donatello, Nanni di Banco, Verrocchio e infine Michelozzo. L'opera si conclude a Michelozzo e non si sa perchè. Gelli oltre alla Fonte K si è servito pure del manoscritto del Ghiberti, Il Libro di Prospetiva, citato nella biografia dedicatagli nell'opera. Contrariamente a quanto detto, il libro del Gelli rimane una fonte importante per molti particolari fiorentini di grande importanza.

Tratto da STORIA DELLA CRITICA D'ARTE di Gherardo Fabretti
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