La finzione dell'immagine digitale
La finzione dell'immagine digitale
Visto che si tratta di far passare un universo costruito per una veduta reale, si parlerà di finta diegetica; si è in presenza di questo tipo di finta ogni qual volta si fa credere allo spettatore che una serie di azioni recitate da attori sia presa direttamente dalla realtà: l’esempio più emblematico di questa operazione, all’epoca del muto, è quello delle attualità ricostruite.
Oggi la finta diegetica prende forma in particolare nel reportage televisivo o nei reality shows, con l’esibizione visiva di avvenimenti che non avrebbero necessariamente avuto luogo in assenza della telecamera. La ricezione della finta dipende sempre dal doppio interpretante vero/falso: o funziona, ed è quindi recepita come un’immagine ripresa dal vero, oppure lo spettatore attento deduce la sua falsità da una serie di indizi diversi, come l’atteggiamento del soggetto profilmico che non sembra sorpreso dalla presenza della telecamera, una strutturazione troppo ordinata dei fatti e dei gesti, ecc..
I trucchi impercettibili hanno in comune con la finta la caratteristica di essere fatti per non essere visti; poco importa il modo in cui sono prodotti: se in fase di ripresa, post-produzione, attraverso l’uso di effetti speciali o digitali, fatto sta che sono un inganno al servizio del piacere dello spettatore e per la gloria del cinema. Per circoscrivere la relazione tra il segno e il suo oggetto, mettiamoci per prima cosa dal punto di vista della produzione; è indubbiamente possibile che queste immagini siano icone pure prodotte da un calcolo astratto senza alcun legame con il mondo fisico e sensibile, ma è inevitabile constatare che i poeti dell’astrazione digitale e dell’alea sono assai pochi.
Più spesso, l’immagine digitale è al servizio dell’unico scopo di trarre in inganno lo spettatore servendosi dell’imitazione; così la sua produzione passa attraverso procedimenti che affondano le radici nella realtà:
- il morphing parte generalmente dal viso di un attore reale, modellato da tutte le angolazioni, per dar luogo in seguito ad effetti speciali;
- la tecnica del motion picture cattura il movimento di un essere reale, uomo o animale, lo digitalizza e in seguito se ne serve.
In entrambi i casi, ciò che è stato alla base del trattamento digitale ulteriore è quindi una relazione indexicale: l’immagine mantiene la traccia di un movimento prodotto dall’oggetto, che il computer non fa altro che calcolare per riprodurlo. La moltiplicazione indefinita di questi trucchi impercettibili deriva da una proprietà semiotica delle immagini e dei suoni che il fatto di porre l’accento sul loro aspetto indexicale finisce per far farci dimenticare: l’iconicità; la finta provocata dal trucco non mira ne alla perfezione del procedimento di riproduzione ne a una perfezione di tutti i dettagli. L’iconicità non presuppone una somiglianza totale, ma solo sotto alcuni aspetti, e questo spiega come la fotografia, che privilegia l’ottica, sia talvolta meno adatta della pittura ciò che fa riferimento alla sfera tattile; al contrario, una rappresentazione può essere iconica dal punto di vista della globalità, non nei suoi dettagli, ed è proprio questa potenzialità che rende invisibile il trucco.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Nicola Giuseppe Scelsi
[Visita la sua tesi: "A - Menic / Cinema. Da Dada al Progetto Cronenberg"]
- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Corso: Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo
- Docente: Francesco Pitassio
- Titolo del libro: Realtà/Finzione
- Autore del libro: François Jost
- Editore: Il Castoro - Milano -
- Anno pubblicazione: 2003
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