"Quarto potere". Il doppio finale
Coerentemente con quanto accaduto all’inizio, il film ha anche un doppio finale. Il primo finale ha inizio nel momento in cui si conclude il racconto di Raymond: racconto valutato deludente da Thompson che si rifiuta di dare i mille dollari al maggiordomo. Questo è un finale di tipo verbale, come viene sottolineato anche dal ritorno dell’incessante eco che sembra dominare la mastodontica vacuità di Xanadu. “Non basta una parola sola per spiegare la vita di un uomo”: queste sono le ultime parole di Thompson e il manifesto programmatico del film esplicitato a parole.
Il secondo finale è un finale prettamente visivo. Mentre Thompson, Raymond e tutti gli altri giornalisti recatisi a Xanadu si allontanano, la macchina da presa fa una spettacolare panoramica sul mare di casse di oggetti posseduti da Kane; arriva al punto dove, in un calderone, vengono bruciate gran parte delle cose da lui accumulate nel corso degli anni. Gli operai buttano nel fuoco anche lo slittino che Kane aveva da bambino. Nessun personaggio se ne accorge, ma noi spettatori sì: solo grazie allo sguardo della macchina da presa si svela il rompicapo riguardo Rosebud: tale parola ci viene mostrata in primo piano impressa sulla slitta, inquadrata mentre il fuoco la sta bruciando.
Rosebud è il simbolo dell’innocenza che Kane ha perduto fin da bambino; il ricordo di una purezza e di una felicità che troppo presto lo hanno abbandonato.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Marco Vincenzo Valerio
[Visita la sua tesi: "La fortuna critica italiana de I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli"]
- Università: Università degli Studi di Milano
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Teoria e analisi del linguaggio cinematografico
- Docente: Elena Dagrada
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