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Introduzione a "L'infernale Quinlan"



Mentre si trovano in viaggio di nozze vicino alla frontiera con gli Stati Uniti, il poliziotto messicano Vargas (Charlton Heston) e la moglie americana Susan (Janet Leigh) assistono ad un attentato contro uno degli uomini più ricchi della zona. Vargas decide di indagare a tal proposito, ma deve vedersela con il capitano Hank Quinlan (Orson Welles) di tutt’altra scuola: tanto il primo è razionale e alla ricerca della prova logica, quanto si fa guidare dall’istinto e non esita a fabbricare prove come supporto alle sue intuizioni. Da un banale intreccio pensato per una produzione di serie B, Welles costruisce un’opera monumentale, per certi versi persino più matura di Quarto Potere, rielaborando la sceneggiatura dI Paul Monash in meno di un mese, senza leggere il romanzo di partenza, e mettendo a punto un conflitto drammaturgico ambiguo. All’ambiguità morale della storia fa riscontro un’analoga ambiguità estetica, giocata su una violenta deformazione dello spazio (grandangolo con lente a focale corta, profondità di campo esasperata) e su una velocità doppia (del montaggio, con vorticosi Piani-Sequenza – tra cui il più celebre è quello che apre il film – e dei personaggi all’interno delle singole inquadrature). Welles si cuce su misura un personaggio titanico, malato di assolutismo, riprovevole eppure dotato di un fiuto infallibile. all’amica Marlene Dietrich, venuta a trovarlo sul set e per la quale Welles inventò il personaggio di Tana, è affidata la battuta conclusiva del film: “Era uno sporco poliziotto, ma a suo modo era anche un grand’uomo”.

Tratto da "QUARTO POTERE" E IL CINEMA DI WELLES di Marco Vincenzo Valerio
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