La narratvia come arte popolare
La narrativa pur essendo un evidente piacere è una cosa seria. Ciò perché nel bene o nel male essa è il nostro strumento preferito, forse obbligato, per parlare delle aspirazioni umane e delle loro vicissitudini, nostre e degli altri. Le nostre storie non si limitano a raccontare, bensì impongono a ciò che sperimentiamo una struttura ed una realtà irresistibile, quasi fosse un atteggiamento filosofico. Per loro stessa natura i racconti danno per scontato che noi, loro protagonisti, siamo liberi, a meno che non siamo irretiti dalle circostanze. Col tempo la vita non arriva tanto ad imitare l'arte quanto ad allenarsi ad essa. È gente ordinaria che fa cose ordinarie in luoghi ordinari per ragioni ordinarie e ci vuole un'apparente frattura in questa ordinarietà per far scattare la ricca dinamica della narrativa. La narrativa è un'arte profondamente popolare che maneggia credenze comuni circa la natura della gente e del suo mondo, specializzandosi in ciò che è, o si presume sia, una situazione pericolosa. Raccontare storie è il nostro modo di venire a patti con le sorprese e le stranezze della condizione umana, come pure la nostra imperfetta comprensione di questa condizione. La domesticazione è probabilmente un mezzo fondamentale per mantenere la coerenza di una cultura. In fin dei conti la cultura prescrive le nostre idee dell'ordinario, ma data l'umana riottosità e le imperfezioni del controllo sociale, non sempre prevale ciò che è atteso. Le trasgressioni ci sono e una volta addomesticate narrativamente, recano l'impronta della cultura, in forma di vecchia storia, di storia già sentita. Diventano, insomma, un imprevisto di repertorio e noi ci facciamo consolare dalla persuasione che sotto il sole non ci sia nulla di nuovo. Così le infrazioni divengono le nostre infrazioni. La cultura non è tutta d'un pezzo e nemmeno il suo patrimonio di storie. La sua vitalità risiede nella sua dialettica, nella sua esigenza di venire a patti con le opinioni opposte, con narrazioni conflittuali. Nessuna cultura umana può operare senza qualche mezzo per trattare gli squilibri prevedibili o imprevedibili inerenti alla vita in comune. A parte tutto il resto, ciò che una cultura deve fare è escogitare dei mezzi per tenere a freno interessi e aspirazioni incompatibili. Le sue risorse narrative servono a convenzionalizzare le ineguaglianze che essa genera, tenendo così a freno i suoi squilibri e le sue incompatibilità.
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Autore:
Gherardo Fabretti
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[Visita la sua tesi: "Profezie inascoltate: il "Golia" di Giuseppe Antonio Borgese"]
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Pedagogia generale
- Docente: Ezio Donato
- Titolo del libro: La fabbrica delle storie
- Autore del libro: Jerome Bruner
- Editore: Laterza
- Anno pubblicazione: 2006
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