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Il linguaggio della narrativa


La grande narrativa letteraria restituisce un aspetto inconsueto al familiare e all'ordinario, così come usavano dire i formalisti russi quando parlavano di straniamento o alienazione. La narrativa offre mondi alternativi che gettano nuove luce sul mondo reale e lo strumento principale di questa magia è naturalmente il linguaggio, che al suo massimo sviluppo segna, come la mela adamitica, la fine dell'innocenza. Platone lo sapeva sin troppo bene quando bandì i poeti dalla sua Repubblica e questa verità era ben nota, anche senza l'aiuto di Platone, ai tiranni non meno che a tutti i rivoluzionari. La capanna dello zio Tom non fu da meno di qualsiasi dibattito parlamentare nel fare precipitare la guerra civile americana. La letteratura di immaginazione, anche se ha il potere di porre fine all'innocenza, non è una lezione ma una tentazione a riesaminare l'ovvio. La grande narrativa è, in spirito, sovversiva, non pedagogica.
Esistono due motivi per esaminare da vicino la narrativa e indagare ciò che essa è e come funziona. Il primo motivo appartiene a chi vuole controllarla e sterilizzarne gli effetti; ciò accade nel diritto e in psichiatria. Il secondo motivo appartiene a chi vuole comprenderla a fondo per coltivarne le illusioni di realtà, per rendere congiuntivi gli indicativi della vita di tutti i giorni.
In precedenza questi due gruppi hanno avuto poche e scarse relazioni reciproche ma da qualche tempo a questa parte sembra che i rapporti si stiano facendo più stretti, rendendosi conto entrambi i gruppi come sia necessario e inevitabile scambio tra loro. La narrativa ha come missione il ridare stranezza al familiare, e dove farlo meglio se non nella soffocante realtà familiare della famiglia? E quale ambiente migliore dell'aula di tribunale, con la sua solenne e ordinata mise en scène, per esplorare la nostra ossessiva ricerca di ordine e giustizia? E infine, è praticamente pacifico che un racconto giudiziario in aula deve cominciare evocando realtà familiari convenzionali salvo poi mettere in luce le deviazioni da esse. Anche i racconti giudiziari, insomma, attingono ad una tradizione narrativa consolidata.
Passiamo ora a quella che abbiamo chiamato la dialettica del consolidato e del possibile. Essa non è altro che la consapevolezza del fatto che il canonico e il potenziale sono in perenne tensione dialettica tra loro.

Tratto da PEDAGOGIA GENERALE di Gherardo Fabretti
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