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Visconti tra realismo romantico e melodramma teatrale



Visconti, insomma, si proponeva con questo suo quarto lungometraggio quale fautore di un realismo romantico, un ritorno al melodramma, nell’accezione culturale e narratologica del termine. Tale richiamo è evidente fin dalla sequenza d’apertura dove vediamo la rappresentazione presso il Teatro La Fenice di Venezia de Il Trovatore di Verdi. Più che di un passaggio dal neorealismo al realismo si tratta di un ritorno al realismo colto, carico di accentuazioni liriche e di invenzioni spettacolari: un ritorno motivato dalla crisi profonda, e ormai non più superabile, del neorealismo, chiusosi definitivamente con il capolavoro Umberto D del 1952.
Senso è un altro straordinario esempio di quel gusto viscontiano per le storie di dannazione e di sconfitta, il suo culto per la distruzione e la morte, la sua attenzione per l’estenuazione e la decadenza.
Sempre nel 1954 il passaggio dal melodramma cinematografico a quello teatrale: Visconti esordisce nella regia lirica portando in scena La Vestale di Spontini alla Scala di Milano. La messa in scena de La Vestale segna anche l’incontro tra Visconti e la più grande cantante lirica del periodo, Maria Callas. L’incontro si ripeterà altre quattro volte, e saranno altrettanti spettacoli memorabili: La Sonnambula di Bellini (1955), La Traviata di Verdi (1955), Anna Bolena di Donizetti (1957) e Tauride di Gluck (1957).

Tratto da LUCHINO VISCONTI di Marco Vincenzo Valerio
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