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La terza strofa di "L'ombra viva della bufera" - Montale -


Una vexata quaestio della terza strofa è quella che riguarda i versi 33 – 34. Il tema  di un fuoco interno era già attivo negli Ossi, in un quadro cosmogonico dominato dal rapporto disarmonico uomo – natura: qui il poeta si riconosceva come ombra incapace tanto di attingere la conoscenza del fuoco eterno della natura, quanto di portare alla luce il frammento di fuoco che ogni uomo ha dentro di sé. Anche l'uomo della Bufera ha smarrito la nozione e il significato del fuoco delle origini, ed è la donna a rammentargli con la sua ombra la doppia perdita del fuoco e del senso (cfr. Personae separatae) ma la grande novità della Bufera sta nel trapasso dal motivo del fuoco a quello del senso, mai posseduto e pacifico, ma sempre incalzante, ineludibile. Questa prevalenza del senso dell'umano comporta una metamorfosi dei termini originari della semantica del fuoco, per cui ora prevale la vampa dell'amore (cfr. Finestra fiesolana), il nuovo incendio (Da un lago svizzero). I temi del fuoco, e del fuoco della guerra, si confondono con quelli del sangue e della fede. L'ombra fidata di Voce giunta col le folaghe brucia “che scorporò l'interno fuoco” va semplicemente intesa nel senso che nella donna, con la morte, si è liberato, privato del peso e dell'impaccio del corpo, quel fuoco divino che essa si portava dentro da sempre. Il che, fuor di metafora, significa che essa si è inserita nella dimensione dell'oltretempo, e attinge direttamente al fuoco e al senso perduti da chi è preso ancora dal mondo, o spera di sopravvivere nel debole fuoco del ricordo umano. La differenza di fondo tra le due ombre sta appunto nel fuoco diverso cui esse si rapportano. E ci sembra che cui ci troviamo dinanzi ad un riconoscimento esplicito che il poeta fa della fede cristiana della donna e che, quando scrive, l'una forse I ritroverà la forma in cui bruciava / amor di Chi la mosse e non di sé (vv. 28 – 30) egli alluda precisamente alla riconquista della forma corporea  secondo la credenza cristiana nel Giudizio universale. Rimane, però, il fatto che Montale introduca la prefigurazione della risurrezione della carne con un avverbio di dubbio (forse) che è sintomatico di una sua incapacità, più che insufficienza, di fede. Ma questa mancanza di fede non gli impedisce di dare una sua drammatica adesione alla scommessa pascaliana sul terreno della speranza.

Tratto da LETTERATURA MODERNA E CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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