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Il cinema di Pasolini e l'incompiuto Petrolio

Dal 1961, la forma narrativa prediletta di Pasolini diventa quella cinematografica. Nel cinema, individua il mezzo per ritrovare un contatto diretto con la realtà. Pur rimanendo un dilettante, ha esperienze come sceneggiatore, per esempio con Le notti di Cabiria (1957) di Fellini: e proprio la sceneggiatura di Accattone (1961) rappresenta le borgate come luogo sublime e tragico.

Dopo altri film che, in vari modi, descrivono il mondo del sottoproletariato romano (Mamma Roma, 1952; La ricotta, 1963), con il Vangelo secondo Matteo (1964) Pasolini esprime le sue  convinzioni a sfondo religioso. Seguono un apologo politico (Uccellacci e uccellini, 1966) e una serie di film di carattere mitologico con influssi psicanalitici (Edipo re, 1967; Medea, 1970).

Nella Trilogia della vita, realizza la versione cinematografica di alcune novelle del Decameron (1971), dei Racconti di Canterbury (1972), del Fiore delle Mille e una notte (1974). Infine, Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) porta all'estremo lo scavo sui rapporti tra eros, potere e violenza.

A partire dal 1965, Pasolini affianca al cinema anche l'attività teatrale. Sei tragedie vengono pubblicate nel 1973, dopo varie riscritture, da Orgia a Calderòn. In esse riflessioni su eros, morte e potere si coniugano con la riproposizione di modelli, dalla tragedia greca al dramma barocco.

Un discorso a parte merita Petrolio, che Pasolini iniziò a elaborare negli anni '70. Il suo modello nascosto è la Commedia, con il suo plurilinguismo e pluristilismo. Pur rimasto incompiuto, è un testo considerato oggi assai rilevante. In esso vi sono temi-ossessioni dell'ultima produzione: dallo sdoppiamento della personalità (il protagonista si divide in due personaggi distinti) all'allegoria della condizione del mondo capitalistico e dalla politica; numerose le allusioni alle vicende dell'Eni.

Tratto da LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA di Domenico Valenza
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