I vangeli come opere teologiche
I vangeli come opere teologiche
I Vangeli non sono da considerare come vite di Gesù o come opere di storia ma come opere di teologia, che devono testimoniare e confessare la fede della comunità in Gesù di Nazaret Messia e Figlio di Dio. Il Gesù dei Vangeli non è dunque la figura che apparve agli abitanti di Palestina durante la sua vicenda terrena, il Gesù secondo la carne, ma la figura di Gesù come è stata compresa dai discepoli nella fede dopo la risurrezione, il Gesù secondo lo spirito.
Questo lavoro di rielaborazione e distinzione prende più o meno forma tra il 60 e il 90 nei vangeli di Marco, Matteo e Luca. L'ipotesi delle due fonti, per quanto non ancora esauriente, sembra oggi la spiegazione più attendibile sulla genesi dei vangeli sinottici: tutto Marco è presente in Luca e Matteo (ipotizzando la derivazione di Luca e Matteo da Marco indipendentemente l'uno dall'altro) mentre ciò che non compare in Marco ed è invece comune in Matteo e Luca deriverebbe da una cosiddetta Fonte Q che sarebbe costituita da una serie di detti (logia) di Gesù. Infine sia Matteo sia Luca hanno fatto riferimento ad altre fonti.
Al di là dei tratti individuali i tre vangeli condensano l'attività di Gesù in uno schema comune molto semplice: preannuncio della missione da parte di Giovanni Battista, battesimo di Gesù nel Giordano ad opera di Giovanni Battista, attività evangelizzatrice di Gesù in Galilea, viaggio a Gersualemme, arresto, processo, passione, morte, resurrezione e apparizione ai discepoli. Tutti e tre sostituiscono al Messia restauratore del Regno di Davide, il Messia che salverà tutto il mondo.
Marco è il più elementare e di tono più popolare anche per forma e modo di raccontare. Vede in Gesù il taumaturgo benefico che tiene celata la sua dignità messianica in funzione della resurrezione. Matteo partecipa di questa convinzione e anche lui sottolinea l'attività taumaturgica di Gesù, ma il suo Gesù è soprattutto un rabbi, un dottore della legge, che interpreta la legge e forte della sua autorità la completa. Siamo in un ambito tradizionalista che se da una parte condanna i giudei che hanno messo a morte Gesùm dall'altra non accetta il rifiuto paolino della legge e cerca di trovare
nella legge il messaggio di salvezza professato da Gesù.
Luca si indirizza ai pagani convertiti, come lui, mentre la sua impostazione paolina lo rende meno permeabile ai richiami ebraici e più sensible ai risvolti più socialmente significativi del messaggio di Gesù. Gesù è un nabi, un profeta salvatore che rivendica la libertà dei figli di Dio sanando i mali del corpo ma ancora di più quelli dell'anima. Luca a differenza di Marco e Matteo sente ormai la seconda venuta di Cristo come una realtà ormai appartenente ad un futuro indefinito.
Luca scrive anche gli Atti degli Apostoli. Sono fondamentali per la nostra conoscenza del cristianesimo antico perchè anche se non possiamo considerarli come fonte storiografica in senso stretto (perchè la intenzione principale è sempre teologica) ci trasmettono l'immagine della chiesa di Luca (80) e ci forniscono una serie di dati preziosi sulla predicazione di Paolo e sulla comunità primitiva di Gerusalemme.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Gherardo Fabretti
[Visita la sua tesi: "Le geometrie irrequiete di Fleur Jaeggy"]
[Visita la sua tesi: "Profezie inascoltate: il "Golia" di Giuseppe Antonio Borgese"]
- Università: Università degli Studi di Catania
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Letteratura Cristiana Antica
- Docente: Grazia Rapisarda
- Titolo del libro: Storia della letteratura cristiana antica
- Autore del libro: Manilo Simonetti - Emanuela Prinzivalli
- Editore: EDB
- Anno pubblicazione: 2008
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