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La concessione di Federico III a Messina


L'ETÀ ARAGONESE: L'ISTITUZIONE DEL DISTRETTO E LA NOMINA DEI CAPITANI. Pochi mesi dopo la pace di Caltabellotta, il 2 ottobre 1302, Federico III d'Aragona, che aveva consolidato il proprio potere anche grazie a Messina, compensò la sua fedeltà con una concessione che segnò un punto fermo nella storia istituzionale della città peloritana. Il privilegio prevedeva che città, terre e luoghi situati nella zona compresa tra la pianura di Milazzo e il fiume Alcantara fossero sottoposti alla giurisdizione dello Strategoto e della sua Corte cui venivano trasferite le competenze già spettanti in quell'area ai giustizieri dei Valli di Castrogiovanni, di Demenna e Milazzo. Certo l'estensione territoriale era molto più ridotta e scompariva del tutto la menzione della fidelitas e dell'obbligo di fornire uomini ma tanto bastava, senza contare che lo strumento giurisdizionale permetteva l'esercizio di un dominio non solo stringente ma anche impersonale, in quanto celato dietro l'uso privato di una magistratura pubblica e quindi più difficilmente contestabile. Niente e nessuno riuscì a mutare quello status, né la breve parentesi angioina né quella dell'anarchia baronale e dei Quattro Vicari, fino all'arrivo di Martino che segnò il ritorno alla normalità. Nel 1396 i sovrani confermarono i privilegi del 1302 e da quel momento l'universitas presentò una lunga serie di capitoli volti a rendere sempre più penetrante il controllo sul territorio. Da una parte l'oligarchia urbana tendeva a sottrarre spazio ai baroni concorrenti con la richiesta di permanenza o di ritorno nel demanio di taluni centri feudali sui quali era chiamata ad esercitare la giuridisdizione la Corte Stratigoziale; dall'altro lato a partire dal 1395 fu manifestata l'esigenza che gli ufficiali delle terre comprese nel distretto venissero nominati dallo strategoto e dai giurati. Nel 1397 gli ambasciatori messinesi chiesero che i capitani del distretto fossero scelti esclusivamente tra i cittadini del centro dominante e la richiesta venne ripetuta continuamente fino al 1415.

Tratto da LA VALLE D'AGRÒ di Gherardo Fabretti
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