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Il modello di transizione demografica

Il modello di transizione demografica




Un tentativo di sintetizzare la relazione che sembra sussistere tra la crescita demografica e lo sviluppo economico è rappresentato dal modello di transizione demografica, che traccia le variazioni dei livelli di fecondità e di mortalità associati all’industrializzazione e all’urbanizzazione. Secondo tale modello, nel corso del tempo gli elevati tassi di natalità e mortalità sono gradualmente sostituiti da tassi meno elevati. Il primo stadio di tale procedimento di sostituzione – transizione demografica – è caratterizzato da un tasso di natalità elevato controbilanciato da un tasso di mortalità elevato.
Se il numero delle nascite è lievemente superiore a quello dei decessi, la popolazione crescerà lentamente.
Il modello di transizione demografico fu sviluppato per spiegare la storia della popolazione dell’Europa occidentale, che entrò in un secondo stadio con l’industrializzazione, iniziata intorno al 1750. I suoi effetti furono calo del tasso di mortalità accompagnato da una crescita del tasso di natalità.
Il terzo stadio si verifica quando il tasso di natalità si riduce, man mano che gli individui iniziano a controllare le dimensioni delle famiglie. A differenza di quanto avvenne nelle società agricole, nelle culture urbanizzate e industrializzate i vantaggi di avere molti figli non sono evidenti, perché fanno parte delle passività e non delle attività del bilancio economico familiare. Quando il tasso di natalità scende e quello di mortalità rimane basso, le dimensioni della popolazione si stabilizzano. Molti paesi si trovano in questo stadio.
Il modello classico di transizione demografica si conclude con un quarto e ultimo stadio caratterizzato da tassi di natalità e mortalità bassi. Questo stadio prevede solo lievi incrementi demografici. In alcuni paesi, il tasso di mortalità ha iniziato a eguagliare o a superare il tasso di natalità, provocando un calo della popolazione. Questa estensione del quarto stadio a un quinto, caratterizzato dal calo della popolazione, è in parte confinato al ricco mondo industrializzato – come Europa o Giappone – ma sembra pronta a estendersi a gran parte del resto del mondo. Già oggi, la drastica riduzione della fecondità registrata in quasi tutti i paesi a partire dagli anni ’80 suggerisce che, al massimo nel 2010, la maggioranza della popolazione mondiale risiederà in aree in cui la sola crescita demografica significativa sarà dovuta al fattore di inerzia.
Molte società in via di sviluppo si sono fermate al secondo stadio del modello, incapaci di concretizzare i vantaggi economici e i cambiamenti sociali necessari per passare al terzo stadio.

Tratto da I CONCETTI CHIAVE DELLA GEOGRAFIA di Gabriella Galbiati
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