Genova degli scrittori: dagli inizi del secolo ai rampanti anni Ottanta…
Non è cosa facile trovare libri o film ambientati a Genova, se si esclude un filone abbastanza recente e legato alla giallistica di autori locali. Questo è un dato per lo meno singolare, soprattutto se si pensa ai tantissimi spunti che una città di porto, per definizione multiforme dal punto di vista paesaggistico e sociale, potrebbe offrire alla penna dello scrittore.
Nella quindi non vasta gamma dei romanzi a disposizione, la mia scelta è ricaduta su tre grandi narratori di storie a cui sono molto legata: Maurizio Maggiani (La Regina disadorna), perché nelle sue parole sento che è come me un po’ genovese e un po’ toscano, Antonio Tabucchi (Il filo dell’orizzonte), che mi ha fatto conoscere Lisbona molto prima di visitarla, e Fabrizio De André (con A. Gennari: Un destino ridicolo), che come ogni genovese sento mio in maniera profonda e privilegiata.
Si tratta di tre scrittori che conoscono Genova molto bene: la città natale di De André, protagonista di tante sue canzoni, è quella adottiva di Maggiani; Tabucchi, prima di scrivere Il filo dell’orizzonte, vi ha trascorso circa un anno. Scrivono quindi tutti con cognizione di causa, di qualcosa (la città, la gente, gli odori, i rumori, i cibi, i venti) che hanno esperito sulla propria pelle prima di trasferire a noi con lo strumento magico della parola.
La rappresentazione che i tre autori danno della città ha certamente dei punti in comune, ma anche delle profonde differenze. Innanzitutto si parla di periodi temporali distinti: in Maggiani si va dalla Genova dell’inizio del Novecento alla fine degli anni Quaranta (poi, sul finale, una breve descrizione dei cambiamenti del porto alla fine degli anni Cinquanta); De André-Gennari parlano della città degli anni Sessanta, Tabucchi ambienta il suo romanzo negli anni Ottanta. Questa diversa ambientazione storica influenza notevolmente la rappresentazione dei luoghi fisici e sociali: ad esempio, sono certamente diversi i mestieri descritti, differenti i luoghi di ritrovo, il tessuto sociale (ad. es. la rappresentazione degli abitanti dei vicoli), il rapporto centro-periferia (negli anni Ottanta Genova ha già subito la selvaggia cementificazione delle colline). Possiamo però trovare tratti comuni, che sembrano vincere sul tempo: la centralità del porto nelle attività cittadine, come nodo commerciale e punto di approdo di varia umanità, la stravaganza del centro storico, con i suoi vicoli stretti e bui e i suoi commerci più o meno leciti, la città “di salite e di discese”, dove spira costantemente il vento (o si ferma nell’immobilità della macaia), l’orgoglio del dialetto (utilizzato da tutti e tre gli autori, per bocca dei protagonisti o nella voce narrante), il mare sullo sfondo.
Una riflessione interessante sarà quella sul rapporto di causalità tra la città e i fatti narrati: queste storie potrebbero avere un’altra ambientazione sensata? Oppure i destini dei protagonisti sono influenzati dall’anima della città? Vedremo come nei tre romanzi la risposta (ovviamente nella mia personale interpretazione) avrà sfumature diverse.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Isabella Baricchi
[Visita la sua tesi: "Il mondo di Padania. La costruzione dell'identità fra capi, guerrieri, fattrici e scudieri"]
- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Corso: Teorie della Comunicazione
- Esame: Comunicazione e territorio
- Docente: Paola Bonora
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