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La nozione di linguaggio cinematografico




La nozione di linguaggio cinematografico è strategicamente servita a postulare l’esistenza del cinema come mezzo di espressione artistica: al fine di provare che il cinema era davvero un’arte, era necessario dotarlo di un linguaggio specifico, differente dalla letteratura e dal teatro; ma attribuirgli un linguaggio significava rischiare di fissare le sue strutture, scivolare dal livello del linguaggio a quello della grammatica, cosa che ha dato luogo a molteplici malintesi, che segnano la storia del cinema fino ad oggi e trovano la loro formulazione nelle nozioni di cine-lingua, cine-stilistica, ecc. Si tratta di sapere in che modo il cinema funzioni come mezzo di significazione in rapporto ad altri linguaggi e sistemi espressivi; l’idea costante dei teorici sarà allora quella di opporsi a ogni tentativo di assimilazione del linguaggio cinematografico al linguaggio verbale.
Ma questa nozione non è certo comparsa con la semiologia del cinema, la si trova già sotto la penna dei primi teorici del cinema, Canudo e Delluc, e anche nei formalisti russi nei loro scritti sul cinema; per gli estetici francesi si trattava soprattutto di opporre il cinema al linguaggio verbale, di definirlo come un nuovo mezzo di espressione: questo antagonismo è ad esempio al centro del manifesto di Gance, La musique de la lumière. Il carattere essenziale di questo nuovo linguaggio è la sua universalità: esso permette di aggirare l’ostacolo delle lingue nazionali; esso realizza l’antico sogno di un esperanto visuale. Canudo, Delluc, Gance sono innanzi tutto critici o cineasti, e la loro prospettiva è promozionale: essi vogliono provare la complessità del cinema, lo battezzano settima arte e praticano un rilancio qualitativo e una politica sistematica di demarcazione; è piuttosto sul versante di Balazs e dei teorici sovietici che bisogna andare a cercare le prime basi di una riflessione sul cinema in quanto linguaggio, anche se rimanendo in ambito francese si trova la volontà di teorizzare: Epstein, la cui filosofia deriva più da un’estetica d’autore che da una teorizzazione generale, riprende da Delluc la nozione di fotogenia.

Tratto da ESTETICA DEL FILM di Nicola Giuseppe Scelsi
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