Le inquadrature di Fury - Fritz Lang -
Prenderemo adesso in esempio le inquadrature che aprono Fury.
In una vetrina di un negozio spicca in un cartello su di un leggio con la scritta “The Fall Bride”; un movimento di macchina laterale, un po’ incerto, porta ad inquadrare un abito da sposa, poi con un leggero arretramento, sempre lateralmente, una nuova vetrina con una camera da letto; davanti alla vetrina, un uomo e una donna di spalle. Stacco, e i due in M.F. di fronte, che indicano qualcosa davanti a sé. Stacco, e Tot. ravvicinato della camera da letto. Stacco, e l’uomo e la donna di spalle in M.F. che scambiano poche battute di dialogo e poi escono a sx del quadro. Stacco, e i due in P.A. che allontanandosi dalla vetrina avanzano, con la m.d.p. che li accompagna precedendoli.
Ciò che caratterizza questo brano è un andamento apparentemente lineare: un’oggettiva offre dei dati di partenza; una soggettiva mette in rilievo una coppia e il suo centro d’interesse; due nuove oggettive descrivono gli ulteriori comportamenti dei due probabili protagonisti del film.
C’è tuttavia una leggera esitazione che accompagna la prima inquadratura: per i modi della ripresa – l’inclinazione e l’angolazione sono eguali a quelle di uno sguardo umano, e il movimento di macchina simula quello di un’occhiata – essa potrebbe ben essere una soggettiva, se solo fosse completata dalla presentazione di qualcuno posto sull’asse visivo da cui sono scorte le cose.
Invece i due personaggi intenti a guardare appaiono in una collocazione tale da escludere che il punto di vista espresso sia il loro – sono davanti solo alla seconda vetrina, e soprattutto sono inclusi nello stesso campo che dovrebbe essere riservato agli oggetti della loro visione –.
La prima ipotesi è comunque così forte che la successiva smentita rappresenta un’autentica sorpresa: in un certo senso, dunque, l’oggettiva d’apertura costituisce una vera e propria “soggettiva mancata”.
È appunto questa sorta di promessa non mantenuta – almeno non nell’immediato –, questa struttura un po’ paradossale a farci parlare di esempio in negativo: ciò che qui emerge è un gioco di scarti piuttosto che una proposta diretta. Le indicazioni che esso contiene non sono però meno ricche: seguiamone alcune.
Come tutti gli atti mancati, anche questo ci suggerisce un improvviso sovrapporsi di legge e infrazione: se si vuole, di “dover essere” e “essere”; esistono infatti degli obblighi a cui ciascuna configurazione è tenuta per potersi affermare.
Sul piano sintattico per costruire una soggettiva bisogna allineare qualcuno che opera – un Agente – con qualcosa si cui si opera – un Paziente –, ed evidenziare l’azione – un Processo – che lega i due.
Nella pratica, questa regola potrà esprimersi in due modi:
1. quale condizione minima si richiederà la presenza di due elementi distinti nell’ambito di una stessa inquadratura: l’uno che offre un campo visivo nella sua letteralità, l’altro che rimanda per metonimia all’occhio che vede;
2. quale condizione più comune, si richiederà invece la presenza di due diverse inquadrature, l’una riferita a quanto è scorto, l’altra a chi scorge , legate in termini di spazio e di tempo2 e disposte fianco a fianco (anche se in ordine libero).
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Dettagli appunto:
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Autore:
Nicola Giuseppe Scelsi
[Visita la sua tesi: "A - Menic / Cinema. Da Dada al Progetto Cronenberg"]
- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Lettere e Filosofia
- Esame: Semiotica dei media
- Docente: Guglielmo Pescatore
- Titolo del libro: Dentro lo sguardo - Il film e il suo spettatore -
- Autore del libro: F. Casetti
- Editore: Bompiani
- Anno pubblicazione: 1986
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